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7 aprile 2011 4 07 /04 /aprile /2011 16:32

http://bepittore.it/files/2011/03/1031-0-boldini1.jpg“Il mito della Belle Epoque si intreccia con il genio di Giovanni Boldini, l’energia creativa e la fiducia ottimistica che rivoluzionano la storia tra Ottocento e Novecento vengono esaltate dalla velocità guizzante di una pennellata inconfondibile, che esprime la bellezza e la gioia di vivere” (Sergio Gaddi).

 

Dal 26 marzo al 24 luglio 2011, la bellissima Villa Olmo a Como ospita la grande mostra Boldini e la belle époque: 120 opere di Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis, Federico Zandomeneghi, Vittorio Corcos, Telemaco Signorini e altri indimenticabili artisti.

 

Sessanta sono le opere esposte dei Boldini, e altrettante quelle degli altri pittori: tutte immortalano con vitalità e sublime eleganza il periodo della Belle Époque, rispecchiandone i mutamenti non solo estetici ma anche culturali e sociali, come l’emancipazione dell’individuo e la crescita della consapevolezza femminile.

Tra i capolavori di Boldini ricordiamo Mademoiselle De Nemidoff (1908), Nudo di giovane donna semisdraiata (1863), Femme au gants (1888): dipinti che dimostrano quanto fosse merirato il suo ruolo di protagonista dell’arte italiana ed europea tra fine Ottocento e inizi del Novecento.

 

I quadri esposti “parlano” di letteratura, moda, musica e mondanità; scintillante testimonianza di una travolgente rinascita sociale e civile, di un incredibile fermento creativo e di un clima all’insegna dell’ottimismo e della prosperità.

 

La Belle Époque segnò il trionfo della gioia di vivere, in parte anche grazie al progresso tecnologico e scientifico e all’aumento del benessere e della ricchezza. Il centro di tutto fu Parigi, vera mecca dell’arte, dove Boldini approdò e divenne una stella di prima grandezza.

 

Il pittore ferrarese incantò anche gli Stati Uniti, non solo attraverso la pittura, ma anche grazie al piglio aristocratico, alle innumerevoli liason e al fascino personale.

Tanto felice fu questa entusiasmante epoca, iniziata con il termine della guerra franco-prussiana del 1870, tanto più acutamente venne percepita la catastrofe del 1914, con l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.

 

Come dichiarò lo stesso Boldini “tutto andava di bene in meglio. Questo era il mondo in cui nacqui, quando all’improvviso, una mattina del 1914, ogni cosa giunse inaspettatamente alla fine…”.

 

La rassegna è curata da Sergio Gaddi, assessore alla cultura del Comune di Como, e da Tiziano Panconi, uno dei maggiori esperti della pittura italiana dell’Ottocento. ( Fonte: www.leggievai.it)

Autore: Margherita

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7 aprile 2011 4 07 /04 /aprile /2011 16:26

http://2.bp.blogspot.com/-OCX1jg427xY/TYty9HjI6EI/AAAAAAAABSs/NaguMWzB1xs/s400/102%2BLa%2Bmela%2Bdi%2BMarina%2BBerti.jpg“Nell’intenso fluire del movimento, delle azioni, dei gesti più semplici della quotidianità, Serena de Gier ha il talento di isolare l’attimo sostanziale. Un momento preciso che sotto l’apparente casualità e naturalezza del gesto è in realtà scelto ed eletto dall’artista come scatto principale, scena unica.” (Sara Merlino)

 

Dal 6 al 30 aprile, presso lo spazio evvivanoè esposizioni d’arte di Cherasco (Cuneo), sarà allestita la mostra personale di Serena de Gier dal titolo Fermo immagine.

 

Il vernissage in presenza dell’artista è previsto per questo sabato 9 aprile alle 17.

La giovane artista parmense Serena de Gier vanta un iter all’insegna dell’eclettismo. In particolare ha lavorato al Teatro delle Briciole – Teatro Stabile di Innovazione di Parma come scenografa, attrice e tecnico, ha collaborato con varie produzioni teatrali italiane e francesi, come il Théâtre Jeune Public di Strasburgo, e ha partecipato alla fondazione per l’Associazione Cà Luogo d’Arte, per cui ha lavorato anche come scenografa e attrice.

 

Dopo essersi trasferita a Cuneo, dal 2005 si dedica interamente alla pittura. Ha partecipato al Premio Suzzara e al Premio Cesare Pavese, ha collaborato come illustratrice per la rivista Slow Food e continua a lavorare anche come scenografa, su commissione.

La rassegna riunisce le opere pittoriche dell’artista: opere in cui è l’istante a trionfare, l’attimo catturato e immortalato per sempre dalla pittura, “destinato a rimanere sospeso, incompleto, ammirato”, come scrive Sara Merlino, curatrice della mostra e direttrice artistica di evvivanoé.

 

La mostra è a ingresso libero ed è visitabile tutti i pomeriggi dal mercoledì alla domenica, dalle 16 alle 19; in occasione del grande Mercato dell’Antiquariato e del Collezionismo del 10 aprile la galleria resterà invece aperta con orario continuato dalle 9 alle 19. ( Fonte: http://www.leggievai.it)

Autore: Margherita

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7 aprile 2011 4 07 /04 /aprile /2011 07:25

http://www.undo.net/Pressrelease/foto/1233916379b.jpgDopo il successo della quinta edizione che ha registrato più di 100mila presenze, torna a Reggio Emilia Fotografia Europea. Manca solamente un mese all’inaugurazione della rassegna che si terrà dal 6 all’8 maggio (mostre fino al 12 giugno), e nel frattempo sta crescendo l’attesa intorno al programma che trasforma Reggio in una galleria a cielo aperto coinvolgendo artisti di rilievo internazionale e attraendo un sempre maggior numero di appassionati, a conferma il suo ruolo di punta nel panorama fotografico italiano.

 

Dopo cinque edizioni in cui la visione italiana è stata confrontata con la più ampia situazione europea su temi come il limite, la condizione urbana contemporanea, il corpo, il tempo, lo sguardo, quest’anno Fotografia Europea s’inserisce a pieno titolo nell'ambito delle celebrazioni del 150° anniversario dell' Unità d'Italia e dedica la sua sesta edizione a 'Verde, bianco, rosso. Una fotografia dell’Italia'.

Reggio Emilia, la città dove il 7 gennaio 1797 è nato il tricolore, simbolo dell’identità nazionale ed emblema dello spirito che portò alla creazione dello Stato unitario, e il luogo dove il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha aperto il 7 gennaio 2011 le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, intreccia con la nuova rassegna il tema centrale ”esplorato” come sempre in un approccio multidisciplinare, con le radici nazionali.

 

“Eravamo in difficoltà - ha detto l’assessore comunale alla Cultura Giovanni Catellani presentando la manifestazione - per i tagli del bilancio, ma siamo riusciti a realizzare un grande evento sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo grazie al costributo degli sponsor e dei sostenitori che hanno rinnovato la loro fiducia ad una manifestazione che vuole costituire l’espressione di un lavoro culturale permanente aperto a nuovi percorsi, ma orientato a valorizzare il proprio patrimonio architettonico e la propria tradizione. Fotografia Europea in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, quest’anno ha scelto di affrontare il tema dei tre colori della bandiera per riaffermare il proprio legame con i valori che il tricolore ha portato con sé fin dalle sue origini e per riflettere, con le modalità che le sono proprie, su temi come la nostra storia, la definizione dell’identità, la costruzione dei rapporti sociali e dell’immaginario. Oggi la fotografia, aperta a riflessioni teoriche multiple e a percorsi sempre articolati, mai univoci, è il mezzo per noi più idoneo per un confronto. A portata di tutti, quotidianamente nelle mani di ogni individuo, essa è entrata in ogni forma di espressione: nell’informazione e nella documentazione, nell’arte e nella pubblicità. A Reggio Emilia l’appuntamento è con la grande mostra dedicata ai pontefici e in particolare a papa Giovanni XXIII, con i maestri della fotografia italiana, con un nuovo sguardo sul Bel Paese. Al richiamo della fotografia la città ha risposto ancora una volta con entusiasmo. E’ cresciuto poi ulteriormente il circuito Off che propone oltre 200 mostre affermando in questo modo l’immagine di rassegna partecipata, capace di dialogare con i cittadini per sviluppare insieme a loro un percorso di valorizzazione dell’arte e degli spazi inesplorati della città e della provincia”.

 

L'edizione 2011 è curata da Elio Grazioli, con la collaborazione, tra gli altri, di Alberto Melloni, Gigliola Foschi, Walter Guadagnini, Sandro Parmiggiani, ed è promossa da Comune di Reggio Emilia in collaborazione con Regione Emilia Romagna, Provincia di Reggio Emilia–Fondazione Palazzo Magnani, Fondazione Manodori, Camera di Commercio di Reggio Emilia, con il supporto in qualità di main sponsor di Iren, Ccpl, Car Server, Casalgrande Padana, Gd4 Photoart, e in qualità di sponsor di Coopsette, Unieco, Coop Consumatori Nordest, Assicurazioni Generali, Cna, Confapi, Bfmr&Partners, Toschi Arredamenti.

 

I luoghi - Fotografia Europea presenta quest’anno nei luoghi d’arte e di cultura più affascinanti di Reggio Emilia – Chiostri di San Domenico, Chiostri della Ghiara, Spazio Gerra, Palazzo Casotti, Galleria Parmeggiani - una ricca serie di esposizioni istituzionali in grado di restituire, da un lato, un’immagine dell’Italia - con i suoi caratteri, soprattutto estetici e con i tratti che la caratterizzano come l'impegno, la disponibilità, e inoltre l'azzardo, la curiosità, la sperimentazione - e, dall’altro, di contribuire a una riflessione sulla fotografia italiana, attraverso le opere dei suoi nomi più importanti.

Lo spazio attorno cui ruoterà l’intera manifestazione sono i Chiostri di San Pietro, uno straordinario complesso monastico tardorinascimentale che il Comune di Reggio Emilia ha scelto di aprire al pubblico nella sua interezza nel corso degli interventi di restauro. Incontri, conferenze, spettacoli, rassegne cinematografiche, performance, proiezioni andranno a comporre il vasto programma di approfondimento secondo la formula consolidata.

 

Oltre alle mostre istituzionali, la proposta espositiva di Fotografia Europea 2011 sarà completata quest’anno da 21 mostre collegate, dedicate al tema prescelto per questa edizione, promosse da enti, istituzioni e associazioni del territorio, ognuna delle quali implementa il valore della manifestazione, creando nuovi percorsi all’interno della città. Fotografia Europea è una forza propulsiva per lo sviluppo della creatività dell’intera città e a confermarlo è la crescita costante di quello che viene definito Circuito Off: la ricca offerta espositiva, libera e indipendente, che affianca le mostre istituzionali, proponendo ai visitatori una vera e propria immersione nell’immagine fotografica con mostre nei comuni della provincia e nelle gallerie, esposizioni promosse da associazioni e da circoli fotografici, oltre a quelle allestite nei negozi, ristoranti, alberghi, librerie, appartamenti. Le proposte del circuito Off superano la cifra record di 200; le diverse sezioni nelle quali si articola si sono infatti arricchite di nuove adesioni e presentano: 54 mostre di associazioni fotografiche e circoli, 20 nei comuni della provincia, 12 nelle gallerie della provincia, 115 mostre del circuito cittadino, 80 esposizioni proposte in cinque focus. Un caleidoscopio di idee, pensieri e suggestioni che testimonia come l’immagine fotografica sia oggi un potente mezzo di espressione e di riflessione.

 

LE GIORNATE INAUGURALI - Secondo la formula consueta, l’apertura delle mostre istituzionali, che proseguono fino a domenica 12 giugno, sarà accompagnata da tre giornate inaugurali, da venerdì 6 a domenica 8 maggio, che vedono alternarsi incontri, conferenze, spettacoli, rassegne cinematografiche, performance, proiezioni. Confermando un approccio multidisciplinare, Fotografia Europea ospiterà artisti e protagonisti del mondo dell’arte e della cultura, invitati a confrontarsi sul tema proposto, con i curatori e i fotografi coinvolti per animare un programma che coniuga diverse forme della creatività e del pensiero: dalla fotografia all’arte, dalla letteratura alla filosofia, dalla musica al teatro, dalla sociologia alla politica. Tra gli ospiti delle conferenze, il priore di Bose Enzo Bianchi, il curatore del programma La Grande Storia e scrittore Luigi Bizzarri, la filosofa Luisa Muraro, il politologo Carlo Galli, il filosofo Roberto Esposito, lo storico Alberto Melloni, il giornalista e scrittore Gian Antonio Stella, il critico letterario Marco Belpoliti, gli scrittori Franco Arminio e Giorgio Boatti, lo storico e fondatore della Comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi, il direttore di Rai tre Paolo Ruffini, l’economista della cultura Pier Luigi Sacco, il giornalista Michele Smargiassi, la storica della fotografia Roberta Valtorta, il vaticanista Fabio Zavattaro e altri ancora.

 

La riflessione sul lavoro e lo sguardo di Luigi Ghirri non si esaurirà nei numerosi riferimenti delle mostre in programma, ma vede la presentazione il 7 maggio nella Sala degli Specchi del Teatro Valli con Quentin Bajac, responsabile del dipartimento di fotografia presso il Musée National d'Art Moderne – Centre Georges-Pompidou, della Biblioteca digitale di Luigi Ghirri (BD-LG), un progetto della Fototeca della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia (che conserva l’archivio dell’autore composto da più di 180.000 tra negativi e diapositive a colori), composta da un nucleo di documenti e pubblicazioni relativi alla sua attività di ricerca e di produzione, a partire dagli esordi nel 1970, per arrivare al 1992, data della sua scomparsa.

 

Nell’ottica della sinergia e commistione con altre forme espressive, la fotografia dialogherà con la musica la sera di venerdì 6 maggio in piazza San Prospero nel dj set del gruppo di punta della musica dance elettronica internazionale, il gruppo newyorkese del dj e produttore Andrew Butler, che presenta il nuovo disco Blue Songs considerato uno degli eventi musicali del 2011,accompagnato da videoproiezioni tratte dall’enorme contenitore d’immagini Flickr, la più famosa tra le communities di condivisione di fotografie nel web 2.0.

 

Sabato 7 maggio invece Piazza Prampolini farà da sfondo a Oh Italia Mia. I canti popolari del Risorgimento italiano, un progetto di Ambrogio Sparagna per l’Orchestra popolare italiana con Peppe Servillo e Angela Baraldi. Lo spettacolo, produzione Ater, con videoproiezione d’immagini tratte dall’archivio storico della Fototeca della Biblioteca Panizzi, recupera il repertorio dei più significativi canti popolari ottocenteschi interpretato da un grande organico di quaranta elementi fra musicisti e cantori per ripercorrere le vicende di un Paese in formazione e trasformazione, attraverso i tanti dialetti, le voci e le espressioni musicali che hanno così intimamente caratterizzato l’intera stagione della nostra storia.

Domenica sera 8 maggio, Piazza Prampolini ospiterà un tributo al Giro d’Italia per accogliere a Reggio Emilia la Corsa Rosa 2011 e per ripercorrere la storia di un evento sportivo che è memoria e cultura del Paese, elemento della nostra identità nazionale. Le immagini dell’archivio storico del Giro d’Italia/RCS saranno accompagnate dal dj set di Nicola Conte considerato tra artisti italiani più affermati del panorama internazionale: musicista, autore che spazia dalla canzone d’autore al jazz alla musica per il cinema e produttore.

 

Ogni anno Fotografia Europea accende, con l’iniziativa Quartieri Illuminati, i riflettori su alcuni luoghi inattesi e inesplorati di Reggio Emilia valorizzando un percorso ulteriore rispetto al Centro Storico e rivelando le potenzialità di una città estesa. Quest’anno domenica 8 maggio verrà eccezionalmente riaperto, a conclusione dei lavori di ristrutturazione, il padiglione Lombroso, all'interno del complesso San Lazzaro - Padiglione Lombroso, destinato a ospitare il nuovo Museo della Psichiatria, pienamente inserito nel campus universitario che prosegue il percorso di completamento. Per l' occasione sono previste un'esposizione di tavole grafiche sui lavori di recupero dell'edificio e una mostra fotografica Hipstamatic for San Lazzaro, realizzata dai fotografi Fabrizio Cicconi, Marco Manfredini, Marcello Grassi, Fabrizio Orsi, Kai-Uwe Schulte–Bunert che propongono, con l'uso delle applicazioni fotografiche per iPhone, una visione del complesso del San Lazzaro e del Padiglione Lombroso (testo di Riccardo Panattoni nel catalogo di Fotografia Europea). Nell'edificio restaurato domenica 8 maggio la compagnia Aterballetto, emblema della danza italiana nel mondo, dà vita alle 20.30 a Suite da Certe Notti (con la direzione artistica di Cristina Bozzolini, coreografie di Mauro Bigonzetti, luci di Carlo Cerri, canzoni e poesie di Luciano Ligabue, video-installazioni di Angelo Davoli) che avrà una spettacolare conclusione nell'area cortiliva. L'evento è promosso in collaborazione con i servizi psichiatrici dell’Ausl di Reggio Emilia e Fondazione Nazionale della Danza e Fer (Ferrovie Emilia Romagna).

 

Sabato 7 e domenica 8 maggio al Cinema Rosebud e al Cinema AlCorso sarà in programma la rassegna Fotografia italiana, 8 film documentari dedicati ai fotografi italiani tra i più noti a livello internazionale: Massimo Vitali, Maurizio Galimberti, Piergiorgio Branzi, Mimmo Jodice, Franco Fontana, Gianni Berengo Gardin, Gabriele Basilico, Ferdinando Scianna. Si tratta di una produzione di Giart - Visioni d’arte con il patrocinio della Cineteca di Bologna e la collaborazione con Contrasto. Saranno presenti gli artisti Massimo Vitali, Piergiorgio Branzi e Gabriele Basilico che dialogheranno con lo storico dell’arte Claudio Marra.

 

Arricchiranno il programma sempre ai Chiostri di San Pietro Echi di Patria, brevi oggetti sonori concentrati di volta in volta su momenti diversi e salienti della storia del paese, realizzati per i 150 anni dell’Unità d’Italia dagli studenti dell’accademia Laba di Brescia, per la cura di Dario Bellini. Cronaca, politica, storia, costume, cultura, i documentari sonori della durata di pochi minuti sono costruiti con materiali e documenti raccolti attraverso internet usando la rete e le fonti di youtube come un archivio storico.

Il programma delle tre giornate comprenderà inoltre la mostra mercato del libro fotografico, seconda edizione curata da Silvana Turzio; una serie di seminari e workshop sui temi della fotografia, del video e della grafica, letture portfolio e una giornata, a cura della Fototeca della Biblioteca Panizzi, con Anne Cartier Bresson che affronta il tema della matrice fotografica e dei passaggi tecnici e interpretativi per la realizzazione del positivo come oggetto fotografico.

 

LE ESPOSIZIONI - Bianco Papa

Nell’ampio e articolato programma espositivo, si segnala, ai Chiostri di San Pietro, Bianco Papa. Curata da Alberto Melloni, Federico Ruozzi e Fabio Nardelli, realizzata dalla Fondazione per le scienze religiose di Bologna e dall’Istituto della Enciclopedia Italiana, la mostra presenterà oltre cento foto del repertorio Treccani sui pontefici, dalla presa di Porta Pia fino ai giorni nostri, in una sorta di cronologia che accompagnerà il visitatore nei momenti più significativi che hanno segnato la storia del papato. Le sale affrescate dello storico chiostro reggiano fanno da scenografia alle fotografie di Hank Walker (1921-1996), uno dei fotografi più importanti di Life magazine che, nel 1962, nei giorni dell’apertura del concilio Vaticano II, è in Italia e immortala in una serie di scatti papa Giovanni XXIII. Assieme agli ingrandimenti dei manoscritti del “papa buono”, viene qui esposta l’intera sequenza dal sapore cinematografico, che rappresenta una straordinaria interpretazione della figura di Roncalli. Uno sguardo diverso, ma non meno particolare e suggestivo, sulla figura del papa è veicolato dalla riproposizione di alcune storiche copertine della Domenica del Corriere e dai reportage del fotografo dell’Unità, Rodrigo Pais che, dagli anni Cinquanta agli anni Novanta, ha seguito la cronaca italiana e quella d’Oltretevere. Completano la mostra alcune proiezioni di spezzoni audiovisivi conservati negli archivi delle Teche Rai e dell’Istituto Luce relativi al pontefice e, in collaborazione con Raitre, vengono riproposti cinque documentari realizzati da La Grande storia in prima serata su Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II, fornendo così la cornice storica al percorso visuale proposto.

 

Sguardo italiano - Mario Dondero, Paolo Roversi, Davide Mosconi, Paola Di Bello sono i quattro autori scelti da Elio Grazioli come rappresentanti della fotografia italiana, che coprono i diversi ambiti in cui eccelle: reportage, moda, arte, sperimentazione. I Chiostri di San Pietro ospitano due delle personali, rispettivamente dedicate ad altrettanti maestri della fotografia italiana contemporanea: Paolo Roversi e Davide Mosconi.

Paolo Roversi (Ravenna, 1947) è uno dei più significativi fotografi di moda contemporanei. Nei suoi scatti appare evidente che la moda non è solo spettacolo, passerella, vetrina, glamour, consumo, ma una questione estetica e il segno dei tempi. Famose sono le sue opere realizzate negli anni ’80 per le campagne di Romeo Gigli, Comme des Garçons e Yohji Yamamoto, in cui appare evidente uno stile estremamente personale che ha influenzato molti fotografi di moda attuali. Il tipo di femminilità prediletto, la particolare luce – definita dai commentatori come propriamente “italiana” – e lo sfocato hanno reso famose le immagini di Roversi che sublimano il corpo verso l’evanescenza e la spiritualità, tanto che le sue modelle sono state chiamate “angeli del desiderio”. Caratteristica delle sue foto è la particolare bellezza delle sue modelle e la dolcezza del fotografo nei confronti del femminile, un esemplare rispetto per la bellezza come riscatto dalla piattezza del mondo.

Davide Mosconi (Milano, 1941-2002), artista, fotografo e compositore italiano tra i più enigmatici e poetici. Lavorando sui concetti di ‘contemporaneità’ e ‘casualità’, ha realizzato numerose serie di trittici che uniscono foto trovate a foto originali, nonché foto di materiali e luoghi sfuggenti alla presa della fotografia, come la polvere, il cielo stellato, l’aria stessa. Così la serie Disegnare l’aria è composta di immagini di oggetti lanciati in aria e fotografati mentre disegnano strane composizioni sullo sfondo del cielo. Prima di morire ha realizzato una serie di autoritratti con il volto bucato, in realtà il foglio stesso rifotografato. La sua sperimentazione è tipica dell’uso della fotografia in ambito artistico dagli anni Settanta alla fine del secolo scorso, con in più quel tocco poetico di sorpresa per la nascita delle forme sotto il segno della casualità.

Palazzo Casotti aprirà le proprie sale alla personale di Mario Dondero (Milano, 1928). La mostra propone le opere di una tra le più originali figure del fotogiornalismo contemporaneo, conosciuto in tutta Europa per i suoi reportage che hanno fatto la storia della fotografia d’inchiesta. Da sempre legato a gruppi di intellettuali a Milano, dove frequentava il Bar Jamaica, a Parigi, dove si trasferisce nel 1954, e infine a Roma, dove negli anni Sessanta frequentava personaggi come Pasolini, Moravia o Dacia Maraini, ha collaborato con giornali come L’Avanti!, L’Unità, Milano Sera, Cinema Nuovo, L’Espresso, Le Monde, Le Nouvel Observateur, Le Figaro, La Repubblica, Il Manifesto, Diario, Le Ore. Negli anni Settanta viaggia molto, realizzando reportage sociali e di impegno civile e politico. Durante la sua lunga carriera, Dondero si è occupato di medicina umanitaria in ospedali cubani e africani con Médecins Sans Frontières, e all’ospedale di Emergency a Palermo. Ha trascorso un mese in Afghanistan, soprattutto a Kabul, ma ha attraversato anche altre regioni, come il Panshir, dove ha visitato ospedali di Emergency, scuole e prigioni.

 

Lo Spazio Gerra ospiterà, la serie Rear Window di Paola Di Bello che consiste in fotografie di paesaggi urbani ripresi dalle finestre di abitazioni di cittadini dove si sovrappongono nella stessa immagine il giorno e la notte. Un lavoro che indaga il paesaggio urbano non da un punto di vista monumentale, ma da quello interno, privato, partecipato, di chi lo abita. La ricerca di Paola Di Bello che ha realizzato nuovi lavori dalle finestre di alcune abitazioni di Reggio Emilia, è lontana dal reportage, parte da elementi marginali e da dettagli solitamente trascurati, scardina la visione abituale delle cose e ribalta con nuovi punti di vista e formati di lettura i preconcetti visivi e culturali e il rapporto con la realtà che ci circonda.

 

Stanley Kubrick a Palazzo Magnani - Anche Palazzo Magnani sarà una delle tappe di Fotografia Europea 2011 con la mostra Stanley Kubrick 1945-50. Cinque anni da grande fotografo in programma dal 7 maggio al 24 luglio 2011.

L’esposizione, curata da Rainer Crone, realizzata dalla Fondazione Palazzo Magnani e da Giunti Arte Mostre Musei, in collaborazione con la Library of Congress di Washington e il Museum of the City of New York, presenta un aspetto finora poco conosciuto della carriera del regista americano, rivelando il suo modo di fare fotografia, una delle passioni che Kubrick sviluppò nell'arco di 5 anni dal 1945 al 1950, collaborando in veste di reporter con la famosissima rivista americana Look. Le immagini testimoniano la sua eccezionale capacità di documentare la vita d’America dell’immediato dopoguerra, attraverso le storie di celebri personaggi come Rocky Graziano o Montgomery Clift, le inquadrature fulminanti e ironiche nella New York che si apprestava a diventare la nuova capitale mondiale, o ancora la vita quotidiana dei musicisti dixieland.

Nascono così le prime fotografie di Stanley Kubrick, realizzate nell’America dell’immediato dopoguerra, che sorprendono poiché non si limitano alla rappresentazione di un’epoca, come ci si potrebbe aspettare da un fotoreporter. Le sue istantanee infatti, che stupiscono per la loro sorprendente maturità, non possono essere considerate come archivi visivi della gioia di vivere, catturata dallo spirito attento e pieno di humor di un giovane uomo, ma costituiscono un consapevole invito a confrontarsi con le risorse del mezzo fotografico, con le sue possibilità di rappresentazione e con la propria percezione della realtà: una costante dell’opera artistica di Kubrick che comincia con le fotografie e continua nei film.

Tra le fotografie presenti nella mostra compaiono una serie di scatti, come quelli dedicati al pugile Rocky Graziano, che testimoniano come il legame tra l'Italia e l'America abbia ispirato da sempre immagini e filmografie di grande intensità. Kubrick in queste immagini del pugile italo-americano, dal taglio e dalle atmosfere di sapore già cinematografico, mostra tutta l'intensità dell'italianità migrata oltreoceano che, proprio con queste fotografie, sarà punto di riferimento per un film come "Toro scatenato" di Martin Scorsese.

 

Viaggio in Italia - Fotografia Europea secondo la formula ormai consolidata accanto alle mostre personali proporrà alcune produzioni di artisti europei o italiani sul tema chiave della rassegna.

Una novità per l’Italia è costituita dalla mostra ai Chiostri di San Pietro, organizzata in collaborazione con BCLA-Délégation Culturelle/Alliance Française di Bologna e a cura di Togo Visual Action, dal titolo Grand Tour. La continuité d’un regard di François Halard, uno dei più contesi e rinomati fotografi di architetture del nostro tempo, con collaborazioni di lungo periodo con Fabien Baron, Alex Lieberman, Giorgio Armani, Burberry, Ralph Lauren e YvesSaint-Laurent. Gran Tour sceglie le antichità classiche accatastate, nei depositi di Cinecittà, entra nelle ville romane e siciliane, Medici e Palagonia e in quelle palladiane. Poi visita le case e gli studi di artisti come Casa Malaparte a Capri, l’appartamento di Carlo Mollino a Torino, lo studio di Cy Twombly a Gaeta e lo studio di Luigi Ghirri a Roncocesi che chiude simbolicamente il viaggio di Halard, per divenire il luogo, forse più di ogni altro, in cui la fotografia italiana ritrova le fila di quel codice dello spazio di cui Gran Tour, in una sperimentazione continua, è pura e personale reminiscenza.

I Chiostri di San Pietro ospitano la ricerca dell’artista coreana Hyun-Jin Kwak Girls In Uniform, un progetto nato nel 2003 e sviluppato tra la Svezia, il Sud Corea e l’Italia. Dopo la menzione speciale ottenuta per The Core of Industry, il premio internazionale svoltosi nell’ambito di Fotografia Europea 2008, Hyun-Jin Kwak ha soggiornato per più di un mese a Reggio Emilia, allestendo veri e propri set fotografici all’interno di alcuni dei luoghi tra i più suggestivi della città, tra i quali il Teatro Valli, i Chiostri della Ghiara, i Musei Civici, l’Arena Estiva Stalloni, l’ex Opg e il Mercato Coperto per realizzare una ricerca incentrata sul mito dell’adolescenza e sull’apparenza. I progetti

 

Secondo la formula della rassegna, l’offerta espositiva di Fotografia Europea 2011 è arricchita da una serie di progetti speciali di ricerca fotografica che affrontano il tema guida dell’edizione 2011 con modalità e approcci diversi.

Per la cura di Sandro Parmiggiani sarà in programma ai Chiostri di San Pietro la personale Cruor. Elegia della carne di Nino Migliori, uno dei maggiori fotografi italiani del secondo dopoguerra, fortemente impegnato, a partire dalla fine degli anni Quaranta, sul terreno della sperimentazione linguistica e del trattamento delle immagini. I suoi inizi sono segnati, da un lato, dalla tradizione del fotogiornalismo ‘impegnato’, dall'altro, dalla cultura d'immagine dell'informale con tangenze precise con il Bauhaus e, soprattutto, con Dada. Su queste linee Migliori prosegue le ricerche fino alla fine degli anni Sessanta, quando il suo lavoro assume valenze concettuali che caratterizzeranno la direzione degli anni successivi, unita a un impegno sempre crescente come organizzatore e animatore culturale.

 

I Chiostri di San Pietro e il Centro Internazionale ‘Loris Malaguzzi’, ospiteranno una significativa mostra-atelier dal titolo Trilogia cromatica, a cura di Scuole e Nidi d’Infanzia – Istituzione del Comune di Reggio Emilia e Reggio Children, in collaborazione con Officina Educativa. L’esposizione presenta le opere degli alunni delle scuole reggiane, dalla scuola dell'infanzia alla scuola secondaria di primo grado, che hanno lavorato sul tema dell’Unità d’Italia e dei tre colori della bandiera nazionale; uno sguardo altro con il quale rivedere le cose e grazie al quale soffermarsi su una dimensione al contempo conoscitiva e misteriosa quale è quella dell’infanzia.

Sempre nei Chiostri di San Pietro sarà allestita l’installazione tricolore Madeamano, un’opera collettiva realizzata da 1700 persone, con moduli di lavoro a maglia verdi, bianchi e rossi realizzati con scarti di produzione industriale: non solo fili di lana, ma plastiche, nastri, fettucce, tessuto e cordoni. A cura di Paola Ascari, Luisa Cigni, Alba Ferrari, Elena Giacopini, Alberto Zattin, la grande maglia tricolore è un progetto di riciclo e riuso, un simbolo interpretato da un gesto etico, sostenibile e condiviso. Madeamano è promossa da Associazione Internazionale Amici di Reggio Children, Iren Emilia, Istituzione Scuole e Nidi d’Infanzia, Comune di Reggio Emilia, Centro Internazionale Loris Malaguzzi, Reggio Children, REMIDA Il Centro di Riciclaggio Creativo.

 

All’insegna dell’obiettivo primario della rassegna, da sempre attenta alle nuove tendenze della scena fotografica internazionale e italiana, la proposta espositiva di Fotografia Europea 2001 comprenderà diversi progetti collettivi, che delineano percorsi articolati ed originali.

Un giorno nella vita dell’Italia 2011, curato e prodotto da Chiara Mariani, Alessandro Franco e Cornelia Marchis in esclusiva per SETTE, Corriere della Sera, diretto da Giuseppe Di Piazza, presenterà nei Chiostri di San Pietro più di ottanta fotografi che hanno realizzato il ritratto fotografico dell’Italia di un giorno, il 14 gennaio, per il magazine del Corriere della Sera.

Nella loro diversità di stile e formazione, tutti rispettano l’impegno giornalistico di circostanziare con una didascalia e l’ora dello scatto il contenuto dell’immagine e l’imperativo di distanziarsi da un rituale di banalità per permettere di conoscere situazioni altrimenti sconosciute o solo fantasticate. Ora il lavoro quotidiano di infermieri, maestri, restauratori, poliziotti, testimoni di giustizia, attori, persino astronauti diventa mostra, rassegna di immagini d’autore che delineano il catalogo delle virtù dell’Italia, e colgono momenti particolari o suscitano interesse verso soggetti dimenticati.

 

La Giovine Italia… è il titolo della collettiva curata da Gigliola Foschi. In mostra fotografie, video, installazioni, disegni di Emma Ciceri, Alessandro Cimmino, Donatella Di Cicco, Alice Guareschi, Paolo Inverni, Valentina Loi, Marcello Mariana, Margherita Morgantin, Claudia Pozzoli, Antonio Rovaldi, Mirko Smerdel, giovani autori che con i loro lavori presentano un’Italia inaspettata, lontana da rappresentazioni retoriche o scontate: una nuova Italia intima e autenticamente sentita, che riesce a staccarsi dalle opacità, dalle pesantezze dei vissuti quotidiani, per dischiudere, in modo al tempo stesso intenso e lieve, inattesi orizzonti di senso per il nostro Paese; accomunati dall’obbiettivo di interrogare un’Italia ormai non più “giovine”, cercando aperture interstiziali, spazi impensati, piccole storie che nessuno sembra voler ascoltare.

 

Nel segno di una rinnovata collaborazione con Maxxi-Architettura e nella direzione della ricerca sul paesaggio e sulla fotografia inaugurata da Luigi Ghirri si inserirà la mostra ai Chiostri di San Domenico Vedute d’Italia. Fotografie di Olivo Barbieri. Marcello Galvani, Nunzio Battaglia e Luciano Romano che presenta opere fotografiche di autori provenienti dalla collezione del museo. La mostra è a cura di Francesca Fabiani e Laura Gasparini.

 

Anche quest’anno, con due mostre nei Chiostri di San Domenico, Fotografia Europea si propone di mettere a fuoco, con quella capacità propria della fotografia di documentare e interpretare in maniera originale fenomeni umani, storici e sociali della contemporaneità, l’essenza dell’attuale realtà industriale italiana ed europea con particolare riguardo per il contesto ambientale, l’elemento umano e le implicazioni sociali dei mutamenti industriali in atto.

La prima esposizione presenterà l’antologica dei quattro giovani fotografi - la francese Olivia Gay, il britannico Justin Jin, l’italiano Alessandro Sambini e l’olandese Niels Stomps - vincitori del concorso internazionale La fotografia s’industria. GD4PhotoArt, una selezione biennale a inviti rivolta a giovani fotografi europei, promossa da G.D e Fondazione Isabella Seràgnoli, sul tema “Industria, Società e Territorio”.

 

Quattro maestri Franco Fontana, Michael Kenna, Ferdinando Scianna e Stanislao Farri sarnno i protagonisti della seconda mostra, curata da Sandro Parmiggiani, Terre a fuoco, un racconto emozionante del mondo della produzione ceramica catturato dallo sguardo indagatore di quattro grandi fotografi di fama internazionale. La mostra nasce dalla committenza di Casalgrande Padana, colosso industriale profondamente radicato nel territorio tra Reggio Emilia e Modena, che ha commissionato le ricerche fotografiche e il volume omonimo in occasione della celebrazione del 50° anno di attività. L’offerta espositiva di Fotografia Europea comprenderà anche nella suggestiva Galleria Parmeggiani la mostra Menu del giorno di Luca Gilli dedicata al tema del cibo, come simbolo dell’identità di ogni comunità, ed in particolare della nostra che ad esso è particolarmente legata.

 

Il programma dei progetti sarà ulteriormente arricchito dalle mostre di Galileo Rocca, l’autore più votato di Fotografia Europea nella sezione Off lo scorso anno, che in questa occasione nella Galleria Parmeggiani ripercorre con la mostra Italia mia. Un paese dopo i luoghi di Cesare Zavattini e si confronta con il tema dei dell’identità locale e della sua stessa legittimità; di ReFoto, l’associazione reggiana che nei Chiostri della Ghiara propone, per la cura di Alberto Cucchi, il progetto espositivo Civis dedicato al concetto di cittadinanza e di uguaglianza dei diritti; di Paolo Simonazzi che nella sede centrale delle Assicurazioni Generali presenta, a cura di Walter Guadagnini, la sua personale Bell’Italia con immagini scattate in tempi diversi e lungo tutta la penisola; di Hyena, attivo nei settori del reportage e dello spettacolo (Luciano Ligabue, Piero Pelù, Kayman Records, Barley Arts), che celebra il tricolore, attraverso un’installazione Venus #2 ai Chiostri di San Pietro Venus, delineando con video e immagini una riflessione sulla donna come madre, sorgente di vita, simbolo di forza ed equilibrio.

Un’ampia selezione di opere in mostra sono presenti – insieme ai saggi di Elio Grazioli, ai contributi dei critici che collaborano alla sesta edizione e ai testi di importanti personalità del panorama intellettuale italiano – nel catalogo pubblicato da Electa e disponibile per l’inaugurazione della rassegna.

Nel rispetto della tradizione emiliana, che coniuga senso dell’ospitalità e ricchezza dei sapori, per tutto il mese di maggio una quarantina di locali reggiani del centro storico tra ristoranti, trattorie, bar, pizzerie, pasticcerie e yogurterie, reinterpretano creativamente le loro proposte in versione “Tricolore” e propongono menu, aperitivi o veloci spuntini da asporto a prezzi promozionali.

 

 

FOTOGRAFIA EUROPEA 2011

VERDE, BIANCO, ROSSO. UNA FOTOGRAFIA DELL’ITALIA

Reggio Emilia, sedi varie 6 maggio - 12 giugno 2011

Giornate inaugurali: 6 - 8 maggio 2011

Biglietto unico per le mostre istituzionali ( escluso Palazzo Magnani)

Informazioni: tel. 0522 456249 - 451152

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18 marzo 2011 5 18 /03 /marzo /2011 22:30

http://www.lavenaria.it/media/im/small/eventi_spettacoli/mostre/italia_150/hayez_ilbacio_190x370.jpgL’arte italiana come non è stata mai vista.

Nell’imponente cornice delle Scuderie Juvarriane della Reggia di Venaria, oltre 350 opere tracciano un percorso che va dall’antichità alla vigilia del 1861 attraverso le principali "capitali culturali" pre-unitarie: Torino, Firenze, Roma, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Parma, Modena, Napoli e Palermo. La mostra propone l’immagine delle diverse città -culture, tradizioni e ricchezze storico-artistiche- viste da grandi artisti che hanno fatto la storia: Giotto, Beato Angelico, Donatello, Botticelli, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Correggio, Bronzino, Tiziano, Veronese, Rubens, Tiepolo, Canova, Hayez, Parmigianino, Velazquez, Bernini e tanti altri. Dal percorso emerge e si afferma il profilo di un’arte e di uno stile italiano.

LA MOSTRA

 

Torino, Firenze, Roma, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Parma, Modena, Napoli e Palermo: ognuna delle principali “capitali culturali” preunitarie è stata ed è in diverso modo rappresentativa dei differenti destini e delle particolari identità delle corti e delle città italiane. Chiunque abbia anche solo sfogliato un manuale di storia o di storia dell’arte sa che tali città hanno conosciuto vicende antiche e gloriose, ognuna segnata da specifici caratteri distintivi che hanno poi contribuito alla formazione culturale e artistica nazionale. Alla vigilia del 1861 si erano date un'auto-rappresentazione che univa vicende storiche, fenomeni letterari ed artistici, temperamenti dei popoli, destini, attese e speranze che sarebbero poi scaturiti all’appuntamento dell’Unità nazionale.

 

La mostra, allestita alle Scuderie Juvarriane della Reggia di Venaria, vuole dare immagine alle Italie che la Storia chiamò a diventare Italia. Il nostro è il Paese delle “differenze”. Oggi, nel tempo della globalizzazione, ci accorgiamo che le “differenze” sono una ricchezza, un moltiplicatore di energie, di suggestioni, di risorse. La mostra ci porterà indietro nel tempo a rappresentare l’orgogliosa consapevolezza delle “differenze” che i popoli d’Italia avevano di se stessi alla vigilia del 1861.

 

Oltre 350 opere d’arte provenienti dai musei d’Italia, del mondo nonché da collezioni private racconteranno alla Venaria Reale l’identità delle principali "capitali culturali" italiane. Ogni capitale sarà rappresentata da opere d’arte, documenti ed oggetti in un certo senso identitari, in grado cioè di significare e di ricostruire il profilo storico e i termini delle auto-rappresentazioni.

 

Torino è l’Armata, la Metallurgia, la Corte.

Firenze è la fondatrice della lingua e delle arti con Dante, Giotto, Donatello, Botticelli, Michelangelo.

Roma è la gloria dell’Antichità classica e dell’Autorità religiosa: due elementi unificanti destinati a tenere insieme la nuova Italia.

Milano è Leonardo da Vinci, è la religiosità dei Borromeo, è l’Illuminismo, è il dialogo costante e fecondo con l’Europa.

Venezia è la grande pittura di Tiziano e di Veronese, è il profumo d’Oriente, è il mito del Buongoverno e della città inimitabile.

C’è poi Genova, ricchissima e bellissima, capitale finanziaria nell’Europa della Controriforma e degli Assolutismi, la città che ha saputo trasformare il profitto bancario nei Rubens, nei Van Dyck, nei palazzi più belli della Cristianità.

Bologna, la seconda città dello Stato Pontificio, è il prestigio della sua Università ed è l’ideale classico che da Raffaello arriva a Guido Reni.

Parma e Modena sono l’arte e il collezionismo dei principi mecenati.

E infine ci sono le due capitali del Regno: Napoli e Palermo. C’è la Napoli degli Aragona e dei Borbone, di San Gennaro, dei Lazzari e di Masaniello; la Palermo di Federico Imperatore, del Feudo, dei Baroni riottosi, dell’autonomia continuamente affermata e continuamente contrastata.

LE SEZIONI

 

La sezione dedicata a Roma, curata da Antonio Paolucci con Alessandra Rodolfo, porta in dote una cinquantina di opere a raccontare i venticinque secoli della città eterna, pagana e cristiana, attraverso i temi dell’antichità e dell’autorità religiosa. Dai miti della Roma arcaica, simboleggiati dal celebre dipinto di Rubens con Romolo e Remo allattati dalla Lupa, ai protagonisti della Roma classica con i ritratti e i busti degli imperatori e i rilievi della. Colonna Traiana, alle nitide vedute della Città eterna nei quadri di Wan Vittel e nelle incisioni di Piranesi. La Roma cattolica, rappresentata dai Triregni papali, dai busti del Bernini di Paolo V e dell’Algardi di Innocenzo X Pamphilj, ritrae nella serie dei pontefici la stagione del grande barocco, per chiudere con il gesso ottocentesco della Religione Cattolica del neoclassico Antonio Canova.

 

http://www.lavenaria.it/media/im/small/eventi_spettacoli/mostre/italia_150/divina_commedia-190x370.jpgFirenze è la lingua italiana di Dante, Petrarca e Boccaccio, è il collezionismo dei Medici, la Corte illuminata di Lorenzo il Magnifico (in mostra nel celebre ritratto del Fiammingo), è la culla del Rinascimento con Brunelleschi, Masaccio e Donatello, la nuova scienza astronomica di Galileo e, ancora, fra Sette e Ottocento, la città d’arte per eccellenza, cantata in tutta Europa nei diari dei favolosi Gran Tour. La sezione, curata da Cristina Acidini e Maria Sframeli, ricostruisce il cammino verso l’Unità italiana partendo dal patrimonio lasciato dai grandi poeti fiorentini del Trecento, per chiudersi su un’immagine simbolo del Risorgimento, La Ragazza che cuce il tricolore di Odoardo Borrani.

 

Da capitale del ducato sabaudo a prima capitale italiana, la Torino che ospita i festeggiamenti per il Centocinquantenario incarna in mostra lo spirito risorgimentale che portò il Paese all’Unità. Per la cura di Carla Enrica Spantigati, la sezione ripercorre nel segno delle arti la lunga epopea dinastica dei Savoia, la religiosità, la politica d’immagine, le imprese editoriali e il collezionismo, fino alle grandi architetture che celebrarono, nella regìa di Juvarra, il passaggio da ducato a regno nel 1713. Il Piemonte, immortalato nelle evocative immagini pittoriche delle Alpi, rammenta anche le innovazioni conferite all’Italia dall’antica tradizione scientifica e militare delle sue accademie. Le ultime tele di Bossoli e Tetar van Elven riportano Torino protagonista del Risorgimento.

 

Genova, ricchissima e bellissima, evocata nei diari di celebri viaggiatori tra cui Gustave Flaubert che nel 1845 paragonò il suo fascino a quello di Costantinopoli, ripercorre in mostra, a cura di Piero Boccardo, la sua età d’oro come capitale finanziaria e dell’arte, nell’Europa della Controriforma e degli Assolutismi. Una trentina di opere scelte, tra cui preziose tele di Rubens, Strozzi, Van Dyck, Veronese, danno immagine alla storia della città, dalla nascita della Repubblica, con il Ritratto di Andrea Doria nelle vesti di Nettuno del Bronzino, fino all’epopea garibaldina.

 

Testimonianze artistiche delle molte culture di Palermo, tra il Medioevo e l’età moderna, scandiscono il cammino della città, in bilico tra l’autonomia rivendicata e contrastata. Con riferimento agli studi compiuti durante il Risorgimento dallo storico palermitano Michele Amari, la sezione curata da Vincenzo Abbate apre sul mito dell’età normanno-sveva, nel segno della convivenza dei popoli, con preziosi manufatti autoctoni e d’importazione islamica e la tela ottocentesca di Giacomo Conti raffigurante la corte di Federico II. In chiusura il tema dei Vespri siciliani (nel dipinto di Michele Rapisardi) è collegato direttamente all’epopea garibaldina: la rivolta del popolo al sopruso angioino nel 1282 rappresenterebbe la prima presa di coscienza del sentimento indipendentista.

 

L’identità di Napoli, capitale storica dell’Italia meridionale, sede di una grande corte regale, emerge sfaccettata in mostra nelle raffigurazioni del potere sovrano, con i molteplici modelli di autorapprentazione e, per contrasto, nelle vivide immagini della sua plebe nei dipinti di Cerquozzi, Giordano, Traversi, Miola. A cura di Pierluigi Leone De Castris, attraverso circa cinquanta opere, la città, i colori, i Santi, la storia rivelano tutte le contaminazioni artistiche di un porto mediterraneo aperto all’Europa e all’Oriente, quanto mai amato, come meta privilegiata del Grand Tour e raffigurato in brillanti vedute tra Sette e Ottocento.

 

Seconda città dello Stato Pontificio, Bologna, celebre per il prestigio della sua Università, porta in mostra la ricca tradizione pittorica delle corti padane nelle tele del Correggio e del Dossi, illustrando la riconquista vaticana di Giulio II nel 1506, con opere di Guercino, Fontana, Bagnocavallo, Ludovico e Annibale Carracci. L’esposizione, curata da Andrea Emiliani e Michela Scolaro, riconosce nell’ideale classico che attinge alla memoria rinascimentale di Raffaello fino alle espressioni neoplatoniche di Guido Reni, un modello di unificazione della pittura italiana.

 

Nell’ambito dei territori emiliani, una sezione specifica della mostra è dedicata ad alcune importanti opere d’arte esemplificative delle prestigiose collezioni degli antichi ducati di Parma e Modena.

 

http://www.lavenaria.it/media/im/small/eventi_spettacoli/mostre/italia_150/correggio_madonna_campori_190x130.jpgInternazionale e moderna, Milano ritrova nell’immagine dell’Italia preunitaria il ruolo sancito dalla storia di grande centro propulsore dell’arte, del pensiero politico e dell’economia. Una selezione di opere importanti, a cura di Pietro Marani, illustra i momenti salienti dell’epopea lombarda, mettendone in luce la doppia vocazione intellettuale e imprenditoriale. Dai cantieri rinascimentali del Duomo e della Certosa di Pavia, con le testimonianze lasciate alla Corte Sforzesca da Leonardo da Vinci e Donato Bramante, la mostra racconta la spiritualità spagnola nella Milano dei Borromeo e il nuovo fervore illuminista nella Milano austriaca e napoleonica. Il celebre Bacio di Francesco Hayez simboleggia, infine, l’eroismo delle Cinque Giornate che diedero avvio al Risorgimento.

 

Venezia si rappresenta in mostra nell’immagine riflessa del proprio mito, celebrato dall’arte attraverso i secoli, fin quasi a fondere la proiezione simbolica della città con i momenti più gloriosi e drammatici della sua storia. La sezione, curata da Giandomenico Romanelli, rappresenta alcuni momenti cruciali nella lunga storia di autonomia politica e istituzionale di Venezia e della sua Repubblica e ricompone le diverse anime di un luogo non luogo, tra immagini pittoriche evocative e realistiche. Le icone della Repubblica, con i ritratti di Tiziano e il Leone marciano di Carpaccio, si alternano alle celebri raffigurazioni della città del Canaletto e alle visuali nostalgiche del Guardi, per riemergere nei colori del Tiepolo e nelle sculture del Canova.

 

Info

Dal 17 marzo all’11 settembre 2011

Scuderie Juvarriane della Reggia di Venaria

La mostra sarà ospitata a Palazzo Pitti di Firenze dall’autunno 2011

Tutte le informazioni sul programma 2011 della Reggia di Venaria su

www.italia150.it e e www.lavenariareale.it

Prenotazioni: tel. +39 011 4992333

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18 marzo 2011 5 18 /03 /marzo /2011 17:10

http://www.premioterna.it/rest/artworks/dettaglio/l-occhio-del-futuro.jpgAntonella Bonaffini espone a San Marco Argentano, nel Cosentino. Da sabato 19 marzo l'artista messinese che dipinge e scrive poesie esporrà alla Torre normanna della cittadina della valle dell'Esaro.

Orgogliosissima d'essere siciliana e fiera delle sue radici la Bonaffini è molto determinata nelle sue passioni. Pur vivendo a Roma da circa nove anni è sempre vicina alla sua terra e, anche per questo motivo, spesso espone le sue opere in Sicilia ma anche in Calabria.

La suggestiva cornice della Torre normanna l'ospiterà in questa occasione grazie al patrocinio offerto dall'Amministrazione comunale e dall'assessorato alla cultura guidato da Annamaria Di Cianni. «Antonella – afferma sui di lei l'esperta d'arte Cristina Fiaschetti – dipinge solo di notte, colora il buio..., il colore del dolore e della perdita. Ed è durante la notte che riesce a liberarsi dei fardelli del giorno e a far parlare il suo inconscio, il suo io più profondo».

E lei, se dovesse rappresentare se stessa, lo farebbe così: «Uno sfondo nero, una grande finestra bianca aperta e... sicuramente tanti vasi colmi di piccoli fiori colorati sul davanzale». Ma chi è Antonella Bonaffini? Si autodefinisce semplicemente «un io "scomposto" tra i tanti...forse più composti di me». E della sua arte dice: «Non so se avrò mai uno stile che mi potrà far sentire un poeta ma da sempre adoro scrivere e dipingere. Credo di aver un arcobaleno gigantesco nell'anima ma il mio cielo ha purtroppo conosciuto delle nubi e tanta pioggia...troppa pioggia»

La simpatica messinese ha un sito personale di pittura che, se volete, potrete visitare (www.antonellabonaffini.it), ed è a questo strumento tecnologico che affida i suoi dipinti, la sua presentazione». Se dovrebbe scrivere di se stessa, aggiunge che "purtroppo" le viene sempre difficile sapersi raccontare.

Adora la filosofia ma «come diceva chi mi conosceva bene – aggiunge la Bonaffini – e se potessi avrei qualcosa da obiettare persino ai filosofi! Si salvano soltanto perché passati ad altra vita".

Volete saperne di più? Allora non resta che recarvi a San Marco Argentano da sabato 19 marzo per apprezzare le sue opere pittoriche. ( Fonte: www.gazzettadelsud.it)

Autore: Alessandro Amodio

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16 marzo 2011 3 16 /03 /marzo /2011 22:05

http://museicivici.pavia.it/leonardeschi/immagini/opere/pavia/Inv.%20P%20121b.jpgL’esposizione presenta una scelta di ventidue dipinti dei pittori cosiddetti “leonardeschi” provenienti dalle collezioni dell’Ermitage affiancati da altrettante opere delle raccolte civiche pavesi prodotte nella medesima temperie culturale, ovvero quella stagione artistica che si sviluppò in Lombardia nel decennio a cavallo tra Quattro e Cinquecento e che precedette, accompagnò e seguì l’esperienza milanese di Leonardo, presente in città dal 1482 al 1499 e poi ancora dal 1507 al 1512/13.

Oltre ad un piccolo gruppo di allievi diretti, impegnati nel suo atelier, moltissimi furono infatti i seguaci e gli imitatori del Maestro, che in vario modo recepirono la lezione leonardesca testimoniando la fortuna delle sue concezioni espressive e formali, in primis la tecnica dello sfumato e la volontà di studiare e rappresentare i moti dell'anima, almeno sino alla metà del XVI secolo.

 

I Leonardeschi dell'Ermitage

La data di fondazione dell’Ermitage è fissata all’anno 1764, sotto Caterina II, quando presso il mercante berlinese I.E. Gotzkowsky vennero acquistati 225 quadri, alcuni di alto pregio artistico.

Tra la fine del XVIII e il XIX secolo pervennero all’Ermitage una decina di opere attribuite alla mano di Leonardo da Vinci. Tra questi, la Sacra famiglia acquistata nel 1769 per 5000 rubli aveva estasiato Stendhal, che l’aveva definita la cosa migliore creata da Leonardo. In effetti si tratta di un lavoro di Cesare da Sesto, ma pur avendo perduto il nome di Leonardo rimane uno splendido modello di pittura rinascimentale del XVI secolo.

Nel XVIII secolo al museo pervennero altre due opere leonardeschi, considerate allora originali del maestro. Si tratta di Donna nuda, acquistata nel 1779 presso Robert Walpole, che fu ministro sotto i due re inglesi Giorgio I e Giorgio II, e L’apostolo Giovanni (ora attribuito a Giampetrino), la cui provenienza rimane sconosciuta.

Nel 1846 il museo si arricchì delle opere del collezionista e diplomatico russo Dmitrij Pavlovič Tatiščev donate allo zar Nicola I. Tra questi lavori vi era anche una vecchia copia dall’Ultima cena, eseguita da Leonardo per il refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano.

Nel 1860 entrò nelle collezioni del museo anche un San Sebastiano sotto il nome di Leonardo, attribuito in seguito a Bernardino Luini.

Nel 1886 giunsero nella capitale San Pietroburgo da Mosca sei vagoni di opere d’arte e libri provenienti dal Museo Golitsyn e dalla sua biblioteca. Nell’inventario degli oggetti accolti all’Ermitage vi era tra gli altri un certificato inerente all’Angelo di Leonardo, che ne attestava l’appartenenza alla mano del maestro.

Durante il secolo successivo la situazione non cambiò: i pochi leonardeschi che pervennero a integrare la collezione del museo erano considerati originali di Leonardo e solo in seguito, con il progredire della critica, venne data loro un’altra attribuzione.

Ciò accadde alla Santa Caterina di Bernardino Luini e al Cristo con il simbolo della Trinità, oggi considerato un lavoro di Giampetrino. Dopo la morte del re dei Paesi Bassi Guglielmo II nel 1850 passò all’asta sotto il nome di Leonardo il quadro Flora di Francesco Melzi, per il quale vennero pagati 40.000 franchi.

Nel 1922 pervennero il quadro San Giacomo Maggiore di Ambrogio Bergognone e la bellissima Madonna col Bambino di Giampetrino.

L’ultima opera di pittori leonardeschi comparsa all’Ermitage è la Maria Maddalena penitente di Giampetrino, che è stata acquistata nel 1977 presso un privato.

 

http://museicivici.pavia.it/leonardeschi/immagini/opere/ermitage/GE-80b.jpgI Leonardeschi dei Musei Civici di Pavia

In occasione della mostra, all'interno della Pinacoteca antica è stata fatta una scelta tesa a mettere in luce le migliori prove della pittura lombarda tra Quattrocento e Cinquecento, che prima dell'arrivo di Leonardo a Milano era dominata dalla personalità di Foppa e dagli inizi "argentei" della pittura del Bergognone.

Il loro ruolo di primo piano nel clima del rinascimento lombardo è attestato da due capolavori quali il Cristo portacroce di Bergognone, caratterizzato da grande raffinatezza e delicati passaggi cromatici, strettamente legato al cantiere della Certosa (in cui il pittore è impegnato a partire dal 1488) anche per la fedele raffigurazione dell’edificio inserita sullo sfondo della composizione, e la splendida Pala Bottigella di Foppa, realizzata tra il 1477-78 e il 1485-87 per la cappella Bottigella della chiesa pavese di San Tommaso, che è tornata ad essere visibile nella Pinacoteca dopo un lungo restauro.

Il corpus di opere in mostra si compone di iconografie sacre e ritratti, su cui spiccano le prove di Bernardino Luini (rappresentato con due porzioni di affreschi provenienti dalla celebre Villa della Pelucca, ma testimoniato anche da alcune repliche e prove di bottega che attestano la fortuna delle sue soluzioni, così vicine agli esempi del maestro) e di Giampietrino, tra i seguaci di Leonardo della generazione più giovane, che offre una interpretazione di grande dolcezza del tema della Maddalena, ricorrente nella sua produzione in diverse varianti.

Per quanto riguarda la ritrattistica, notevoli sono il Ritratto di dama in veste di santa, già attribuito al Boltraffio e comunque da ricondurre a un artista a lui vicino, e il Ritratto del medico Cesare De Milio, contraddistinto dal taglio numismatico di profilo e dall'inusuale inserto della natura morta, da accostare alla produzione di Bernardino de' Conti, abile ritrattista della corte sforzesca e poi di quella francese.

Numerosi sono infine i dipinti in cui è possibile riscontrare la ripresa dello sfumato leonardesco nelle particolari atmosfere che caratterizzano i paesaggi: così l'Adorazione dei pastori di Bernardino Fasolo, la Madonna col bambino di Cesare Magni e quella dello pseudo Francesco Napoletano, il Martirio di san Sebastiano derivato da un affresco di Cesare da Sesto, la Madonna col Bambino nel paesaggio di Giovanni Francesco Caroto, in cui confluiscono le nebbie violette di ascendenza giorgionesca, gli azzurri lontani di Leonardo, le boscaglie dossesche.

 

http://museicivici.pavia.it/leonardeschi/gallery/pavia/immagini/gallery/high/pavia/Inv.%20P%20534.jpgLa Pinacoteca Malaspina

La Pinacoteca di Pavia, intitolata al marchese Luigi Malaspina di Sannazzaro (1754-1835), intellettuale e mecenate d’età illuminista, comprende circa 250 dipinti databili tra il XIV e i primi anni del XVII secolo. Si tratta in gran parte di opere provenienti dalla raccolta del Malaspina e da altre donazioni, acquisti, legati confluiti nel Museo Civico.

Ospitata fino al 1980 nello Stabilimento di Belle Arti appositamente progettato dal marchese Malaspina a Pavia, la Pinacoteca è stata in seguito trasferita nel trecentesco Castello Visconteo e allestita al primo piano dell'ala est, entro sale riccamente affrescate.

Tra i capolavori della raccolta pavese spiccano il Ritratto d’uomo di Antonello da Messina, la Pala Bottigella di Vincenzo Foppa, il Cristo portacroce di Bergognone, la Madonna col Bambino di Giovanni Bellini, la Sacra famiglia del Correggio e un nutrito gruppo di opere di ambito fiammingo, tra cui una Madonna col bambino di Hugo van der Goes.

 

Sede

La Mostra è allestita presso il Castello Visconteo di Pavia, con accesso da Piazza Castello.

 

Orari

La Mostra è aperta al pubblico dal 20 marzo al 10 luglio 2011.

Orari:

Dal martedì al venerdì: 10.00 - 13.00 e 14.00 - 18.00

Sabato, domenica e festivi: 10.00 - 19.00

Aperture straordinarie:

24 e 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno

Chiuso: lunedì

La biglietteria chiude 45' prima della mostra

 

Biglietti

Intero: € 8

Ridotto: € 6

(visitatori di oltre 65 anni, visitatori in età compresa tra 15 e 25 anni, gruppi tra 15 e 30 persone, possessori biglietto Musei civici, convenzionati)

Ridotto scuole e bambini di età compresa tra i 6 e il 14 anni: € 3

Gratuito: bambini di età inferiore ai 6 anni, accompagnatori di disabili, un accompagnatore per gruppo o per scolaresca, guide turistiche e giornalisti dotati di tesserino professionale

L'’ingresso comprende anche la visita della Pinacoteca Malaspina dei Musei Civici di Pavia.

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14 marzo 2011 1 14 /03 /marzo /2011 23:21

http://www.arthemisia.it/intra/upload/mostra/image/scaled/locandinaWEB1_250x.jpgVittorio Sgarbi torna nel capoluogo lombardo per presentare una nuova grande mostra che illustra la nascita di un genio quale è il Caravaggio. Ricostruendone la formazione artistica, da Simone Peterzano ai maestri veneti e lombardi, un entusiasmante percorso documenta i precursori e gli artisti contemporanei a Michelangelo Merisi (1571-1610), mettendo in evidenza le opere che l’artista vede di persona negli anni giovanili e ciò che i suoi occhi assorbono nel clima artistico tra Venezia e Milano, prima della definitiva partenza per Roma, che verosimilmente può datarsi intorno al 1595-96, come mettono in luce gli ultimi studi.

 

Curata da Vittorio Sgarbi, la mostra “Gli occhi di Caravaggio. Gli anni della formazione tra Venezia e Milano” è prodotta e organizzata da Arthemisia Group in collaborazione con il Museo Diocesano di Milano, promossa dalla Regione Lombardia e realizzata grazie al fondamentale contributo di Banca Popolare di Milano e di Terna.

 

La mostra riunisce circa sessanta capolavori, realizzati dai più grandi interpreti del tempo, che saranno esposti negli spazi del Museo Diocesano, dall’11 marzo al 3 luglio 2011.

 

Le opere di Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Lorenzo Lotto, Jacopo da Bassano, Moretto da Brescia, Giovan Battista Moroni, Gerolamo Savoldo, Vincenzo e Antonio Campi, Giovanni Ambrogio Figino e Simone Peterzano e molti altri ancora, in alcuni casi mai esposte prima, documentano il delinearsi di un nuovo gusto e di una nuova concezione della figura, nel suo rapporto con lo spazio e con la luce, che è fondamentale per la crescita del giovane Merisi.

 

Naturalmente in mostra non poteva mancare la presenza del Caravaggio, documentato dalla presenza di alcune opere altamente significative: è la cosiddetta “Murtola” (chiamata così dal nome del poeta che nel 1600 ne scrisse un poema), ossia la prima versione della celeberrima “Medusa” degli Uffizi.

Quest’opera, conservata da sempre in collezione privata, fu realizzata dal Caravaggio nel 1596 e può essere considerata come emblema della formazione giovanile del Caravaggio, in particolare per il disegno preliminare, messo in evidenza dalle precisissime indagini diagnostiche che sono state eseguite sull’opera di recente. Le stesse indagini consentono di datare la “rotella” tra il 1596 e il 1597, anni in cui Caravaggio si trasferisce a Roma e quindi, idealmente, la Medusa Murtola chiude il ciclo lombardo e apre quello romano, quando, come ricorda Vittorio Sgarbi: “lui improvvisamente sconvolge tutto al punto tale che il boato della sua rivoluzione arriva in tutta Europa e non c’è un solo grande pittore che non arrivi dalla Francia, dalla Spagna, dalla Germania, dai paesi bassi per vedere quello che ha fatto Caravaggio”.

 

Altro capolavoro del Caravaggio da non perdere è la “Flagellazione di Cristo”, nella sua struggente e sensuale bellezza, proveniente dal Museo di Capodimonte (Napoli), per la prima volta a Milano dopo la celebre mostra del 1951.

 

Quanto alla ricostruzione della sua formazione, seguendo le parole del noto storico dell’arte Roberto Longhi, “…non si pretende di segnare itinerari precisi ai suoi viaggi (o siano pure vagabondaggi) di apprendista; ma non si potrebbe porli mai in altra zona da quella che da Caravaggio porta a Bergamo, vicinissima; a Brescia e a Cremona, non distanti; e di lì, a Lodi e a Milano. Era questa la plaga dove un gruppo di pittori lombardi, o naturalizzati, tenevano aperto da gran tempo il santuario dell’arte semplice”.

Sin dal saggio del 1917, Cose bresciane del 500, e poi negli ancora più famosi Quesiti caravaggeschi, del 1929, Longhi afferma che per gli anni giovanili è bene rintracciare le sue “strade di predestinazione fra il 1584 e il 1589 circa” nelle “strade di Lombardia”, ovvero è proprio il mondo artistico tra Veneto e Lombardia che può aver ispirato e formato Caravaggio e la cui eco riaffiora costantemente nelle sue opere.

 

La mostra, divisa in sei sezioni, illustra il contesto artistico in cui Caravaggio si trova ad operare nei primi anni della sua ricerca artistica.

Documentato, come è noto, nella bottega milanese di Simone Peterzano, dal 1584 e per almeno quattro anni, Michelangelo Merisi ha modo di lasciarsi suggestionare dalle opere di straordinari artisti, attivi tra Venezia e Milano.

Il percorso è corredato inoltre dalla descrizione delle città “caravaggesche”, con relative piante storiche.

Fonte: http://www.arthemisia.it

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14 marzo 2011 1 14 /03 /marzo /2011 23:05

http://www.exibart.com/foto/79574.jpgLa curatrice Gioia Mori ha tracciato le fila di un’opera scandalosa e dai richiami cinematografici.

E’ quella di Tamara de Lempicka (Varsavia, 1898 – Cuernavaca, 1980), artista che esplode e si rifugia nella vita.

Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana e promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, si tratta della personale di gran lunga più completa celebrante la stravagante artista polacca.

Si direbbe una Greta Garbo dalla follia compassata negli occhi e nei gesti da attrice di era hollywoodiana anni ‘30.

Una mangiatrice di tele (oltre 100 quelle esposte in questa personale a lei dedicata), di luoghi, di relazioni.

La sua vita scorre tra le maggiori capitali del bel mondo, sin dagli studi compiuti in tenera età in Svizzera, per poi approdare a San Pietroburgo, dove fa la conoscenza del suo primo marito da cui deriva il suo nome, il giovane avvocato Tadeusz Lempicki. A seguito della Rivoluzione Russa la coppia si trasferirà a Parigi, dove Tamara, sotto consiglio della sorella dotata di uno spiccato senso pratico, che le suggerisce di industriarsi per far fronte alle difficoltà economiche, consegue gli studi di pittura presso l’Académie de la Grande Chaumière con maestri del calibro di Maurice Denis e André Lhote. Ma è la sua passione per Ingres a donare ai suoi dipinti una resa scultorea ventilante l’introduzione di un’avanguardia artistica che segnerà la sua epoca. Le sue donne infatti sono iscritte in una corrente nuova, che abbina sapientemente il classico con il cubismo e l’altera superbia delle dive del cinema muto.

http://www.exibart.com/foto/79577(1).jpgIn Germania approda all’illustrazione di Die Dame, rivista femminile in gran voga. Le sue donne sono glamour, eleganti, alla moda. In questa fase la Lempicka dipinge gli anni ruggenti, la fragorosa voglia di vivere che si scatena nella sua esistenza stessa irrandiandosi nei volti della società che dipinge: sono per lo più conoscenze legate alla mondanità europea quelle contrassegnate dal giovane pennello di Tamara (rinomato il ritratto di Madame Zanetos del 1924; risalgono invece al 1925 il ritratto della duchessa di Valmy, quello dello scrittore André Gide, dei marchesi d’Afflitto e Sommi, di altezze reali quali il principe Eristoff e Sua Altezza Imperiale il Granduca Gabriel Constantinovič). A seguito dell’esposizione delle sue opere nel 1928 al Salon d’Automne, lo statuto di artista viene formalmente riconosciuto alla Lempicka. Ne risulta una vita fuori dalle righe, sviluppata secondo dogmi epicurei. Conduce una relazione assidua e scandalosa con Ira Perrot, rappresentata in un quadro, il favorito dalla Lempicka stessa; è di dimensioni importanti (116x73 cm) il ritratto di Ira Perrot, la sua Tristezza, datato 1923 e visibile al pubblico per la prima volta dopo essere stato rinvenuto presso un collezionista privato, in occasione di questa favolosa mostra al Vittoriano. A Milano si tiene la sua prima esibizione personale, nella Bottega di Poesia del conte Emanuele Castelbarco. A Parigi da luce a sua figlia e si apre all’esperienza della maternità: Tamara, dallo stile di vita gaudente e noncurante, si rifugia negli occhi dell’amata Kizette (presente in Ritratto di bambina con il suo Orsacchiotto – 1923; Ritratto di Kizette – 1924; Kizette in Rosa – 1926; Ritratto di Kizette adulta – 1955), che ritrae a più riprese nel corso della sua esistenza sottolineandone il candore. La sua condotta opulenta e libertina dirige il suo matrimonio verso un divorzio, ulteriore elemento di scandalo negli anni febbrili dell’Art Decò.

Regina dei cosiddetti années folles, testimoniandone a suon di pennello le innovazioni rappresentate dalle invenzioni di apparecchi di nuova generazione quali il telefono, i transatlantici ed i grattacieli, a seguito del crollo della Borsa di Wall Street del 1929, ecco che le sue pennellate si trasformano: gli ardori rimangono i medesimi ma l’epoca cambia, l’umanità che ne viene fuori non è più trionfante ma umile, contratta. Continua la sua curiosità indefessa per la vita, che la trasporta in giro al di qua e al di là dell’oceano. Notevole è il carteggio che riconduce alla dolce amicizia che la legava a Gabriele D’Annunzio, la quale la definì in un poema a lei dedicato la donna d’oro, mentre lei si firmava amabilmente votre ange d’obéissance - il vostro angelo d'obbedienza. La strategica Lempicka si avvicinò al Vate al fine di poterlo ritrarre per aumentare il proprio successo. Evitò in maniera mirabile le di lui avances, provocandone l’ira. D’Annunzio scrive: "Voi non siete una signora, ma nient'altro che una cocotte, una cocotte molto accorta, lo ammetto. Solo la cortesia mi impedisce di farvi mettere alla porta dalla più umile delle mie serve. Eppure io rimarrò un signore fino alla fine, lo faccio per vostro marito, che d'altra parte posso solo compatire per avere avuto in sorte una donna come voi”. Tamara non riuscì nel suo intento, ma la sua carriera, come è evidente, non ne fu intaccata in larga misura. Dal Vate in ogni caso assorbì una certa inclinazione per i versi, sebbene dipinti, tanto che Francesco Monarchi, in un articolo sul Corriere Adriatico, così la definì: Tamara de Lempicka, la pittrice della poesia violenta del grigio.

http://www.exibart.com/foto/79578(1).jpgIl secondo uomo a portarla all’altare sarà il barone Kuffner, con il quale si trasferisce negli Stati Uniti verso la fine degli anni ‘30. A Los Angeles compie un vero e proprio blitz di marketing su se stessa, tanto che in pochi mesi viene definita dalle maggiori testate come "la baronessa col pennello”, collocandosi rapidamente alle vette della vita mondana del luogo.

Artista riconosciuta ed apprezzata, conduce una vita sfarzosa e priva di inibizioni fino alla fine.

Cruciale la sua esterofilia per spiegare il suo intervento multiforme nell’arte. Quale sublime figura rappresentativa del moderno, ella acquisisce tratti provenienti da differenti correnti artistiche inglobandoli in un nuovo, rivoluzionario ed ancora attuale movimento proprio. ( Fonte: http://www.exibart.com)

Autore: Eleonora Galasso

mostra visitata il 10 marzo 2011

 

dall'11 marzo al 10 luglio 2011

Tamara de Lempicka - La regina del moderno

a cura di Gioia Mori

Complesso del Vittoriano, Via san Pietro in Carcere, Fori Imperiali, Roma

Orario:dal lunedì al giovedì 9.30-19.30; venerdì e sabato 9.30-23.30; domenica 9.30-20.30

Ingresso: intero € 12; ridotto € 8.50

Catalogo: Skira

Info: 06/6780664

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14 marzo 2011 1 14 /03 /marzo /2011 22:58

http://www.exibart.com/foto/79425.jpgTutto nacque da una passione: "Sono ritornato studente... disegno la Notte, studio il Lorenzo de’ Medici cerco di impadronirmi della concezione chiara e complessa che è alla base della costruzione di Michelangelo”. Con queste parole, nel 1918, Henri Matisse (Le Cateau-Cambrésis, 1869 - Nizza, 1954), all’epoca già artista affermato, descriveva all’amico Camoin l’ardore con cui andava sondando l’enfasi volumetrica e la torsione serpentinata dei corpi michelangioleschi.

Indaga questo aspetto cruciale del rapporto tra i due grandi dell’arte la nuova mostra bresciana, Matisse. La seduzione di Michelangelo, nelle sale del Museo di Santa Giulia: un legame molto più profondo di quanto possa sembrare, mostrato nelle 180 opere del francese, esposte insieme a diversi calchi delle più importanti sculture dell’artista fiorentino e a un piccolo, pregiatissimo disegno a matita di Michelangelo, raffigurante due studi da una Venere antica.

Proprio quest’opera michelangiolesca è ripresa nell’olio Busto in gesso, bouquet di fiori del 1918: una discendenza diretta che quasi stupisce per la continuità tra le due opere. Così è anche in Interno con schiavo, olio su tela del 1924, debitore in toto dello Schiavo Morente del Louvre, realizzato quasi 500 anni prima dallo scultore di Caprese per la tomba di Giulio II, e anche nei bronzi esposti, come Nudo disteso II del 1927, declinazione delle sculture della Cappella Medicea.

Un lavoro che non fu solo di assimilazione del fulgore michelangiolesco, poiché per Matisse fu ben presto evidente la "necessità di dimenticare il mestiere dei maestri o piuttosto di comprenderlo, ma in modo tutto mio”.

La ricerca di una forma essenziale è alla base della progressiva condensazione della forma umana, che, dalle Odalische del 1923-29, a cui è dedicata un’intera sala della mostra, approda alla serie di incisioni per Pasiphaé. Chant de Minos (Le Crétois), del 1944, dove basta una semplice linea bianca su fondo nero per evocare l’universo ancestrale e sanguinario della mitologia antica. Così come nella nota serie Jazz.

L’allestimento segue gli spazi non sempre congeniali della location bresciana: così l’angusto corridoio che apre il percorso espositivo ospita, in un’atmosfera plumbea illuminata da drammatici colpi di luce, le copie della rivista Verve, a cui l’artista collaborò assiduamente negli ultimi anni di vita. Un’apertura inusuale, che forse potrà apparire troppo didascalica per il pubblico di massa a cui l’esposizione sembra dedicata, ma che sicuramente interesserà il cultore esperto di Matisse.

Le altre sale si aprono via via alla luce e al colore dell’artista francese, con allestimenti maggiormente ariosi. Less in more avrebbe detto Mies van der Rohe, ma forse l’ossessione per la cupezza cromatica va letta come trasposizione architettonica del mito platonico della caverna: dall’ombra, colma di significato, della grotta alla luminosità metaforica del sole.

Il mito ritorna anche nell’ultima opera in mostra, Venere, gouache découpée su tela del 1952, realizzata due anni prima della scomparsa dell’artista, quasi un esperimento gestaltico, dato che è lo sfondo a essere modellato nella carta blu. Mentre il corpo, un sintetico nudo di donna, si libra puro nella materia bianca. ( Fonte: www.http://www.exibart.com)

Autore: Isabella Berardi

Mostra visitata il 10 febbraio 2011

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8 marzo 2011 2 08 /03 /marzo /2011 13:03

http://www.ilsalvagente.it/immagini/lorenzo-lotto-annunciazione.jpgDopo il giubileo del “pictor praestantissimus”, al secolo Michelangelo Merisi da Caravaggio, celebrato lo scorso anno tra squilli di trombe e rulli di tamburi per i quattro secoli dalla morte, cala a Roma il “pictor celeberrimus”. E’ il meno glorificato Lorenzo Lotto da Venezia, che da cinque secoli - era nato nel 1480 - si porta appresso la taccia di artista irrequieto, bizzarro, dalle intuizioni moderne, e il sospetto ingiusto di aver svicolato davanti al confronto con i grandi dell’epoca, da Raffaello a Tiziano.

60 dipinti

Le Scuderie del Quirinale, a Roma, accolgono una sessantina di dipinti del “celeberrimus”. Una trentina restaurati col provvido intervento di privati, per una spesa complessiva di 800mila euro. “Rischiavano - sono le parole del curatore della mostra, Giovanni Carlo Federico Villa - di fare la fine dei muri di Pompei”. Chissà che non siano fischiate le orecchie all’innocente, per definizione, ministro della Cultura.

 

 

Un genio non riconosciuto

L’orgia di superlativi si inquadra nell’irresistibile processo di spettacolarizzazione dell’arte. Per attirare masse recalcitranti, ad ogni esposizione si aggiunge un pimento forte. Il sostantivo genio viene distribuito con estrema generosità. Come per le nomination all’Oscar, l’immancabile Caravaggio ne è stato fregiato a più riprese. A Lotto, per ora, la nomination è stata risparmiata. Ma che possedesse una sua genialità, e una sua autonoma cifra artistica, è indubbio.

Questo vuole sottolineare la mostra romana. Centrata su alcuni momenti particolari dell’opera. Pale d’altare, polittici, opere di devozione privata, alcuni ritratti. Materiale indispensabile, sono ancora parole del curatore Villa, per “studiare la tecnica lottesca, caratterizzata da una forte sperimentazione”.

 

 

L’irrequieto

Ecco, la sperimentazione è il primo segno della genialità. E dell’irrequietezza, costantemente sottolineata nelle biografie dell’artista. Lotto, in effetti, ha un inizio sfolgorante a Treviso, e a venticinque anni è già celeberrimus. La celebrità, anche al superlativo, evidentemente non gli bastava. E il pittore si mise in giro per l’Italia. Arrivò anche a Roma, nel 1509, lavorò negli appartamenti di Giulio II. E, invece di schivare il confronto, collaborò con Raffaello con risultati notevoli.

 

 

Luminosità, inventiva e umorismo

Ma il terreno privilegiato d’azione restano il Veneto, la Lombardia e le Marche. Qui si muove tra Recanati, Ancona, Jesi e Loreto. Ha digerito le lezioni di Giorgione, Antonello da Messina e il Giambellino. Vi aggiunge di suo una sgargiante luminosità, l’inventiva e uno spiccato, quanto peculiare, umorismo. Non disgiunti da una profonda fede, che lo porterà al termine della vita ad entrare come oblato della Santa Casa di Loreto. Qualcuno scorge in lui pulsioni eretiche, ma Villa ne ricorda “l’animo profondamente religioso” e “lo stretto rapporto con i domenicani, che volevano una Chiesa vicina ai ceti più umili, anticipando temi della Controriforma”.

 

 

Una vita da povero

Il successo non gli portò mai, comunque, la prosperità economica. I suoi lavori nascevano spesso dall’urgenza di saldare un conto arretrato o dalla pressione di un padrone di casa, in attesa dell’affitto da oltre un anno. E sì che la quotazione dell’artista volava verso l’alto. Il polittico di san Domenico, a Recanati, gli fruttò la bellezza di 700 fiorini d’oro. Un compenso da divo hollywoodiano, se si considera che prevedeva anche una larga messe di benefit: vitto e alloggio in convento per sé l’aiutante.

 

 

In tour fino al 2012

Il progetto, di cui la mostra romana non è che un capitolo, è ampio e ambizioso. Si snoda, fino a tutto il 2012, su base territoriale; passa dunque per le zone d’elezione del pittore: Lombardia, Veneto, Marche. Le “Terre di Lotto” come un germe da cui dovrebbe scaturire un indotto per attività economiche e imprenditoriali, con restauri sul posto sotto l’occhio vigile delle Soprintendenze, proposte di itinerari culturali e turistici, studi scientifici e guide. E di sicuro, prima o poi, qualcuno gli appiccicherà le mostrine di genio. ( Fonte: www.ilsalvagente.it)

Autore: Giuliano Capecelatro

 

LORENZO LOTTO

Scuderie del Quirinale, Roma

ORARIO: Da domenica a giovedì 10-20.

Venerdì e sabato 10-22.30

(Chiusura della biglietteria un’ora prima).

BIGLIETTO: 10 euro. Ridotto 7.50.

Informazioni e prenotazioni: singoli, gruppi e laboratorio d'arte 0639967500; scuole 0639967200.

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