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6 settembre 2010 1 06 /09 /settembre /2010 12:53

La Fondazione Magnani Rocca, a Mamiano di Traversetolo nel parmense, anticipa le celebrazioni per il centenario della nascita dell'artista. La mostra vanta prestiti dal museo Thyssen-Bornemisza di Madrid.

 

La prima mostra in omaggio a Renato Guttuso, del quale si celebrerà, nel 2011, il centenario della nascita, apre alla Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo, nel parmense. Nella villa di Luigi Magnani e accanto alla collezione permanente, che ospita già quattro opere di Guttuso, la Fondazione anticipa gli eventi in ricordo del maestro siciliano, con l’esposizione prevista dall’11 settembre. Sarà un’antologica di 65 opere, a cura di Stefano Roffi, che per ripercorrere la ricerca pittorica di Guttuso attingerà a raccolte italiane e straniere. Una delle opere più attese è un prestito dal museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, “Caffè Greco”, ma vi saranno anche altri dei capolavori meglio conosciuti di Guttuso, come “La spiaggia”, ricordato per il suo grande formato, 4,5 metri in larghezza, “Comizio”, Spes contra spem”.

 

Passione e realtà

 

“Passione e realtà”, come recita il titolo della mostra, sembrano parole fuori moda, oggi, ma per Renato Guttuso sono la definizione più chiara.

 

La mostra prova a restituire l’immagine di uno degli ultimi grandi artisti “impegnati” del Novecento italiano guardando alle opere della formazione e alla pittura di matrice realista. Che si dica realismo “espressionista”, “sociale” o “esistenziale”, l’obiettivo resta quello di tenere gli occhi ben puntati sul mondo, per raccontare quello che succede, dargli un significato e prospettare dei cambiamenti.

 

La mostra rende conto dei rapporti che Guttuso intrecciò con altri artisti e intellettuali di spicco, come Alberto Moravia, Pablo Neruda, Pier Paolo Pasolini e Eugenio Montale. Con lo stesso Luigi Magnani, l’artista ebbe relazioni frequenti, come mostrano diverse lettere. La rassegna prosegue con alcune opere dell’ultima stagione di Guttuso.

 

Oasi di pace nel parmense

 

La Fondazione Magnani Rocca vale di per sé una visita: si trova a 17 chilometri dalla città di Parma e custodisce il prezioso nucleo di opere acquistate da Luigi Magnani, nella cornice di un parco alberato di circa dodici ettari. La collezione permanente va dal Trecento ai giorni nostri, con lavori di Gentile da Fabriano Tiziano, Van Dick, sino all’Ottocento di Monet e Cézanne e il Novecento di Giorgio Morandi e Giovanni De Pisis.

 

Tornando a Parma, sarà possibile rivivere atmosfere romaniche e rinascimentali visitando il centro storico, il Battistero, la basilica di Santa Maria della Steccata, la chiesa di San Giovanni. Alla Steccata si ritroverà l’arte manierista di Parmigianino e a circa 21chilometri da Parma, un classico itinerario porta alla Rocca San Vitale di Fontanellato. Nella fortezza, è sempre il Parmigianino a stupire, nella Saletta di Diana e Atteone, affrescata dall’artista attorno al 1523.

( Fonte: http://www.mondointasca.org)

Autore: Claudia Silivestro

 

PERIODO DI APERTURA AL PUBBLICO

11 settembre - 8 dicembre 2010
Orario: dal martedì al venerdì orario continuato 10-18 (la biglietteria chiude alle 17)
sabato, domenica e festivi orario continuato 10-19 (la biglietteria chiude alle 18).
Lunedì chiuso.
Aperto anche 1° novembre e 8 dicembre.

 

INFORMAZIONI PRATICHE

Ingresso € 8,00 (comprensivo delle Raccolte permanenti)
Ingresso ridotto per studenti in visita di istruzione € 4,00
Tel. 0521 848327 / 848148 - Fax 0521 848337
info@magnanirocca.it - www.magnanirocca.it



VISITE GUIDATE

Su prenotazione (e-mail: info@magnanirocca.it Tel. 0521 848327 - Fax 0521 848337)
Soltanto mostra Guttuso oppure collezione permanente Magnani Rocca € 70,00;
mostra + collezione permanente € 100,00.
Per visite guidate in inglese e in francese maggiorazione di € 30,00.
Gruppi fino a 40 persone. Le guide esterne sono benvenute.

 

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2 settembre 2010 4 02 /09 /settembre /2010 17:24

Il Mart di Rovereto presenta una serie di capolavori di Edward Hopper, Georgia O’Keeffe, Jackson Pollock, Mark Rothko. Una selezione di opere mai vista in Italia, con i capolavori di grandi protagonisti della pittura americana. É quella proposta da “Arte americana 1850-1960. Capolavori dalla Phillips Collection di Washington”, la grande mostra che sarà visitabile al Mart di Rovereto dal 5 giugno al 12 settembre 2010.  

 

Dopo il grande successo della mostra “Da Goya a Manet, da Van Gogh a Picasso”, che nel 2005 ha portato a Rovereto i capolavori dell’arte moderna della Phillips Collection, il Mart, con questa esposizione, continua la sua collaborazione con la prestigiosa istituzione di Washington. L’appuntamento è rivolto a diffondere una conoscenza più approfondita dell’arte americana in un arco storico, dalla seconda metà dell’800 secolo ai primi sessanta anni del ‘900, ancora poco noto al grande pubblico.

“Arte americana 1850-1960”, a cura di Susan Behrends Frank e Gabriella Belli, presenta alcuni capolavori di artisti come Edward Hopper e Georgia O’Keeffe, pionieri di un originale stile americano, che tagliò orgogliosamente i ponti con la cultura europea.

 

In mostra sono presenti oltre cento opere con capolavori di artisti quali John Sloan, Arthur Dove, Stuart Davis, Adolph Gottlieb, Philip Guston, Jackson Pollock, Robert Motherwell, Clyfford Still, Mark Rothko.
La completezza della mostra è resa possibile dalle caratteristiche uniche della Phillips Collection di Washington. Questa raccolta fu la prima, negli anni Venti del Novecento, ad acquisire ed esporre il modernismo e l’arte astratta, e conquistò una rilevanza internazionale con l’acquisizione di grandi capolavori dell’arte europea.

Ma il collezionista, Duncan Phillips, promosse anche con grande lungimiranza le produzioni e le acquisizioni di arte americana, dagli anni Dieci fino alla morte, nel 1966. Questo collezionista appassionato attribuì sempre la propria personale evoluzione critica alle lezioni apprese dai pittori americani. La collezione del museo riflette un gusto personale, e presenta quindi molte opere degli artisti più amati dal collezionista, come Arthur Dove o John Marin.

Nel suo complesso, la Phillips Collection incarna un progetto – esplicito già all’atto di fondazione, nel 1921 – riassunto in questo modo dalla curatrice del museo Susan Behrends Frank: “l’impegno di una vita per assemblare una collezione della miglior pittura americana che tutti potessero vedere e apprezzare.”

Il confronto è dunque l’occasione per un’inedita e documentata riflessione sui complessi percorsi che hanno portato la pittura americana a trovare una strada autonoma rispetto alla tradizione europea. Un’evoluzione verso la modernità che in seguito, dopo la seconda guerra mondiale, ha assegnato alla produzione statunitense un ruolo di riferimento incontrastato per tutta l’arte internazionale.

 

LA MOSTRA

Il percorso espositivo prende le mosse con una sezione intitolata “Romanticismo e Realismo”, in cui sono presentate le opere di quegli “antichi maestri” d’America come George Inness, Winslow Homer, Thomas Eakins, Albert Pinkham Ryder, e James Abbott McNeill Whistler, nei quali Duncan Phillips aveva individuato le radici della modernità nella pittura americana.

L’impressionismo negli Stati Uniti è testimoniato da Childe Hassam e soprattutto da Maurice Prendergast e John Henry Twachtman, collezionati ampiamente da Phillips e decisivi nella transizione del suo gusto verso l’astrattismo. “Grazie all’enfasi sulla composizione sugli schemi, sui rapporti cromatici e sulla bidimensionalità che caratterizzava le loro opere – scrive Susan Behrends Frank – Phillips fu pronto ad accogliere una nuova generazione di modernisti americani.”

I dipinti di John Marin, come “ Weekhawken Sequence, No. 30”, (circa 1916) documentato nella sezione della mostra“Forze della natura”, impiegano un originale linguaggio astratto per evocare le forme naturali; Phillips scoprì Marin nel 1926 nella galleria newyorchese di Alfred Stieglitz, e fu il primo a impegnare il nome di un’istituzione per una personale di questo artista, nel 1929. Come documentato in catalogo dal testo di Elisabetta Barisoni, la Biennale del 1950 presentò una grande monografica di Marin con oltre cinquanta opere, di cui otto in prestito dalla Phillips Collection. Duncan Phillips fu l’autore del testo su Marin nel catalogo della Biennale, e si espresse in questi termini:“Nel suo ottantesimo anno John Marin dipinge ancora con forza, con entusiasmo e con originalità di colore e di disegno maggiori di quelli di ogni altro artista americano”.

La frequentazione della galleria di Stiegliz, per Phillips, fu di enorme importanza. In quel contesto scoprì anche le opere di Arthur Dove e Georgia O’Keeffe, protagonisti in mostra della sezione “Natura e Astrazione” con opere come “Pattern of Leaves” (1923) o “My Shanty, Lake George” (1922) della O’Keeffe o “Red Sun” (1935) di Dove. “Sunday” (1926) di Edward Hopper è il fulcro di una sezione intitolata “Tempi Moderni”. Questa tela è stata una dei primo dipinti dell’artista ad essere stato acquisito da un museo americano.

“La città” è una sezione particolarmente affascinante, che documenta un aspetto fondamentale e peculiare del modernismo americano. Le atmosfere della metropoli sono interpretate da neocubisti come Stefan Hirsch, dal realismo urbano di John Sloan, tra i protagonisti della “Ashcan school”, ma soprattutto da Edward Hopper (“Avvicinandosi a una città”, 1946) e da Charles Sheeler, il cui olio “Grattacieli” (1922) – uno dei capolavori di questa sezione – fu acquistato nel 1925 da Phillips, conquistato dalla “essenza emotiva della visione distorta dei grattacieli per uffici di New York”. Particolarmente suggestiva le fotografie di Paul Strand, Berenice Abbott e Margaret Bourke White.

Anche “Memoria e identità”si confronta con un tema radicalmente americano. Pittori come John Kane, Horace Pippin, Jacob Lawrence, a ridosso della Grande Depressione dipingono le migrazioni verso il nord degli Stati Uniti, la vita nei sobborghi e l’epopea del jazz, documentando vicende e spazi urbani poco conosciuti spesso anche in patria. “L’eredità del cubismo” è il tema di un excursus tematico che comprende opere di Karl Knaths, John Graham, e Stuart Davis, le cui composizioni fatte di linee e forme di colore piatte risentono degli influssi non solo di Picasso, ma anche di altri esponenti del modernismo europeo, come Henri Rousseau, Georges Braque e Matisse.

Anche in questo caso, è da sottolineare l’impegno di Phillips in chiave internazionale. L’opera di Stuart Davis “Frullino sbattiuova n.4”, del 1928, presente in questa sezione, fu prestata da Phillips alla Biennale del 1952, insieme alla già ricordata tela di Hopper “Avvicinandosi a una città”. Nella stessa occasione Alexander Calder, che Phillips stava cominciando a collezionare, vinse il premio della Biennale per la scultura.

 

La linea espressiva dell’astrazione si sviluppa secondo forze che provengono appunto da “esuli” come Alexander Calder, o anche da pittori come Milton Avery, considerato dai critici “il Matisse americano”. Corrono in parallelo le personalissime rielaborazioni del surrealismo europeo che emergono negli esordi di Mark Rothko e Jackson Pollock.

Negli anni del secondo dopoguerra, la cultura artistica Americana assunse un’identità più radicale con l’Espressionismo Astratto, grazie a numerosi autori di grande autonomia espressiva, impegnati ad esplorare un’arte fatta di simbologie private e calligrafismi a cui era affidato il compito di far affiorare il subconscio. I “pittogrammi” di Adolph Gottlieb, ad esempio, nascevano da un interesse per l’arte tribale africana e per quella dei Nativi Americani, mentre l’opera di Robert Motherwell va letta come una metafora dei pensieri e sentimenti dell’artista. Anche per Mark Rothko la pittura era un veicolo per l’espressione di passioni interiori, come nel capolavoro “Untitled” del 1968, mentre le tele di Philip Guston e Sam Francis si caratterizzano per astrazioni di colore espressive e luminose.

La Phillips Collection è nata dall’intuizione di un connoisseur che per sessant’anni ha cercato di svelare l’arte americana ai suoi stessi connazionali. La mostra è un’occasione senza precedenti in Italia per rivivere questa scoperta attraverso le opere di tutti i suoi protagonisti.

 

MART Corso Angelo Bettini 43 tel. +39 0464438887 , +39 0464430827 (fax), 800397760
info@mart.trento.it http://www.mart.trento.it orario: mar. – dom. 10.00 – 18.00 ven. 10.00 – 21.00, lunedì chiuso, biglietti: intero: euro 10, ridotto: euro 7, gratuito fino a 18 anni e sopra i 65, scolaresche: euro 1 per studente, biglietto famiglia (valido per tutti i componenti di un nucleo famigliare): euro 20, gratuito per gli Amici del Museo.

Evento segnalato dal sito web: http://www.exibart.com

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31 agosto 2010 2 31 /08 /agosto /2010 08:06

Nel suo progetto pluriennale dedicato alle Geografie dell’Europa, e dopo la prima tappa costituita dalla rassegna che indagava le relazioni tra la pittura francese della seconda metà del XIX secolo e la contemporanea pittura nella nazioni del centro ed est Europa, Villa Manin propone il suo secondo importante appuntamento. Per un progetto, nella sua interezza, volto a studiare alcune delle maggiori evidenze della pittura europea tra la metà del XIX secolo e il primo decennio di quello successivo.


Munch e lo spirito del Nord. Scandinavia nel secondo Ottocento vuole, per la prima volta in Italia, costruire il racconto di una storia che identifichi appunto lo spirito del Nord con la pittura in Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca. Specialmente dedicata al paesaggio, ma ben raccolta anche attorno al tema del ritratto e della figura, la mostra, composta di circa 120 dipinti provenienti specialmente dai musei scandinavi ma anche da alcuni altri musei sia europei che americani, si divide in cinque sezioni. Le prime quattro riservate alle scuole nazionali di quegli Stati, mentre la sezione di chiusura viene dedicata a Edvard Munch, con 35 opere in totale. Dunque una sorta di grande mostra nella mostra, prendendo in considerazione gli anni suoi di esordio vicini alla pittura dell’artista norvegese Christian Krogh già a partire dal 1882 - 1883 e poi i due decenni – l’ultimo del XIX secolo e il primo del XX – che ne hanno decretato l’universale fama e hanno creato quella sorta di sigla munchiana che caratterizza e sigilla quel darsi allo spazio interminabile del Nord così come è accaduto anche in letteratura.


Ma riandando alle scuole nazionali prima di Munch, alcuni dipinti a evidenziare, prima dello scavalcamento di metà secolo, la situazione della cosiddetta Golden Age in Danimarca, con le opere tra l’altro di Lundbye e P.C. Skovgaard. Così come in Norvegia una breve introduzione è riservata a Dahl, Balke e Gude; in Svezia a Larson, Berg e Wahlberg e in Finlandia a von Wright e Holmberg. Così da indicare, appunto attorno alla metà dell’Ottocento, il senso di una scoperta del vero naturale, che si affranca dalla nozione di paesaggio ancora post-settecentesco che, a parte alcuni casi di straordinaria qualità da Friedrich a Turner, rende non dissimili le varie nazioni europee

in quella prima parte di secolo. Poi la mostra prende il suo corso solenne, e così nuovo per l’Italia, dentro la seconda metà del XIX secolo, attenta a individuare attraverso la scelta dei dipinti quello sguardo che ha fatto del Nord un luogo non soltanto fisico ma anche dell’anima. E che quindi non può che trovare in Munch il suo logico e imprescindibile punto d’arrivo. Ma prima la schiettezza, la luminosità, il silenzio e il fragore del paesaggio nordico sono interpretazione che talvolta vira verso una problematicità che fa dei luoghi naturali un sentimento arcano e quasi primordiale.

 

Questo senso del tempo fondo, la chiarità delle estati, la profondità delle notti invernali, il velluto del muschio dell’erba, il bianco dei fiori sotto il bianco delle lune estive, è quello che l’esposizione intende mostrare al pubblico italiano. Ovviamente grazie alla generosità dei principali musei di Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca, che con larghi prestiti hanno consentito di poter tracciare un panorama del tutto esaustivo di una vicenda pittorica che da alcuni anni non cessa di affascinare, attraverso alcune mostre sia in America che in Europa, il più vasto pubblico degli appassionati. E in questo senso strumento imprescindibile sarà il catalogo di studio, al quale hanno collaborato i maggiori studiosi di quelle nazioni.


Ovviamente la mostra non fa mancare alcuno dei principali protagonisti, a cominciare, in Danimarca, da Ring, Philipsen, Syberg, Gottschalk e soprattutto Hammershøi. A quest’ultimo, la cui vicenda straordinaria venne definitivamente scoperta alcuni anni or sono grazie a una fortunata mostra parigina, è dedicata un’intera sala, comprendente alcuni paesaggi ma soprattutto i fascinosi interni. Per la prima volta esposte in Italia, le opere di Hammershøi, stanno all’apice, tra fine Ottocento e primi anni del secolo successivo, di un percorso che nasce nella luce di cenere degli interni olandesi seicenteschi, ma che tutto trasforma entro la misura di grigi infiniti, che talvolta virano sugli azzurri pallidi. Dando il senso della solitudine di figure che in quegli spazi non si muovono ma restano sospese, come il tempo potesse effettivamente bloccarsi una volta per sempre. E non tornare più.

 

Per proseguire tra gli altri, in Norvegia, con Nielsen, Backer, Thaulow, Krogh, Skredsvig; e poi Larrsson, Nordström, Zorn, Jansson, Prince Eugen, Strindberg in Svezia; Edelfelt, Gallen-Kallela, Järnefelt, Churberg, Halonen, Thesleff in Finlandia. Con quelle caratteristiche pittoriche che mettono sempre al centro l’immagine dell’uomo nel grande spazio della natura incontaminata e quasi immisurabile. Entro quel gioco che fa vicini il sentimento romantico e un certo gusto simbolista, come per esempio è bene evidente nel grande artista finlandese Akseli Gallen-Kallela.


La parte finale dedicata a Munch, dove anche una decina di opere su carta costituisce il necessario contrappunto all’opera pittorica, tocca il suo senso più alto nella scelta che dei dipinti è stata compiuta, per essere messi, quei dipinti, in relazione con i pittori scandinavi che Munch precedono. E insomma per costituire, nel loro insieme, quel grande coro tra natura e problematicità della stessa che danno infine il senso vero e compiuto di questa mostra e fanno della Scandinavia una terra che è luce e notte insieme. Il massimo della luce e il massimo della notte. ( Fonte: www.lineadombra.it)

Editing: Angelo Marcotti

 

INFORMAZIONI:

INDIRIZZO Villa Manin

Piazza Manin, 10

33033 Passariano di Codroipo (UD)

ORGANIZZAZIONE
Linea d’ombra

Strada di Sant’Artemio 6/8

31100 Treviso

Tel. +39 0422 3095

Fax +39 0422 309777

info@lineadombra.it

www.lineadombra.it

PRENOTAZIONI E INFORMAZIONI
Call center

Tel. +39 0422 429999

Fax +39 0422 308272

biglietto@lineadombra.it

www.lineadombra.it

ORARI

dal 25 settembre al 1 novembre: tutti i giorni ore 9-19

dal 2 novembre a fine mostra:

Da lunedì a venerdì: ore 9 - 18

Sabato e domenica: ore 9 - 19

Chiuso 24, 25, 31 dicembre 2010

1 gennaio 2011 ore 11 - 19

UFFICIO STAMPA Studio Esseci

di Sergio Campagnolo

info@studioesseci.net

www.studioesseci.net

BIGLIETTI

Intero €10,00

Ridotto €8,00 : studenti universitari con attestato di iscrizione, oltre i 65 anni, gruppi solo se prenotati (minimo 15, massimo 25 con capogruppo gratuito).

Ridotto €6,00: minorenni e scolaresche solo se prenotate (con due accompagnatori a titolo gratuito).

Ingresso gratuitoper i bambini fino a sei anni, giornalisti con tesserino, accompagnatore di portatore di handicap.

Per il diritto di prevendita, con esclusione delle scuole, € 1,50.

VISITE GUIDATE

Prenotate per i gruppi (fino a 25 persone): € 120.

Per le scuole (solo se prenotate, massimo 25 unità): € 50.

Non prenotate, solo in caso di disponibilità del personale, € 7 a persona.

Con esclusione delle scuole, le visite guidate verranno effettuate con l’ausilio di un apparato microfonico e cuffie personalizzate. Questo servizio è compreso nel costo della visita guidata.

Le scuole che non si servono per le visite di personale incaricato da Linea d’ombra Libri devono avvalersi del proprio personale docente.

Per i gruppi con guida propria, l’affitto obbligatorio delle cuffie è di € 80.

Non sono consentite visite guidate se non autorizzate dalla Direzione.

Servizio di audioguide per i visitatori singoli.

ALTRE INFORMAZIONI

Vendita biglietti sospesa 45 minuti prima della chiusura.

Guardaroba gratuito obbligatorio per borse e zaini di tutti i tipi e dimensioni, la cui pericolosità è valutata dal personale di sorveglianza. Accesso e servizi per i disabili.

Non è consentito l'uso di cellulari, macchine fotografiche o di altri apparecchi elettronici all'interno della mostra. Tali apparecchi potranno essere introdotti in mostra solamente spenti.

Non possono essere ammessi passeggini, ombrelli e animali.

Sono consentiti marsupi per bambini all’interno della mostra.

COME ARRIVARE

A4 Venezia-Trieste, uscita Latisana

A4 Trieste-Venezia, uscita Palmanova; A23 Tarvisio-Udine-Venezia, uscita Palmanova

Ferrovia: Venezia-Udine, fermata di Codroipo. Dalla stazione prendere il taxi.

Aeroporto Marco Polo di Venezia e Ronchi dei Legionari di Trieste.

 

 

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30 agosto 2010 1 30 /08 /agosto /2010 22:32

La mostra, racconta con una narrazione multimediale e interattiva, in dialogo con un percorso di approfondimento archelogico dedicato al Tirreno, un viaggio attraverso il Mediterraneo per assaporare sensorialmente atmosfere, suoni, arti e mestieri dei paesi e dei popoli che lo hanno nel tempo abitato e percorso. Un itinerario nei sensi e nei luoghi del Mediterraneo, area geografica, la cui condensazione di segni trae origine dallo straordinario e tormentato fascino del suo territorio, ma anche dalla antica ricchezza delle sue culture e dalla mescolanza di razze, religioni, costumi rappresentate nei suoi popoli. Questa peculiarità riesce in modo sorprendente a far emergere sopra un temperamento vulcanico, fatto di conflitti e tragedie, diversità e antagonismi, la bellezza e il sorriso, la familiarità e la naturalezza. Un'arte del vivere che può essere messa a disposizione del mondo intero. Materie, suoni, colori, odori, gesti, processi e relazioni, accostati in insiemi, generano paesaggi, formano scenari che divengono attivi: sono videoinstallazioni, dispositivi interattivi che utilizzano la tecnologia come linguaggio per favorire la partecipazione dello spettatore e il suo coinvolgimento. Mappe, antiche carte e rare rappresentazioni del Mediterraneo, accostate a pezzi originali, reperti archeologici e preziosi documenti, che dialogano con le installazioni multimediali, ci fanno ancor più comprendere l'importanza di quell'area geografica e focalizzando l'attenzione sul Mar Tirreno, ne evidenziano la centralità come teatro di scambi, di merci e di saperi. Il tutto nell'ottica propositiva che "il Mediterraneo è un divenire, una speranza non solo una radice" (Adonis).

 

La mostra è curata e realizzata da Studio Azzurro, uno dei più importanti gruppi internazionali di video arte. Il percorso della mostra si avvale della collaborazione del Museo di Archeologia Ligure e della Sezione di Conservazione della Biblioteca Berio, in particolare quello dedicato al Tirreno, si inserisce nel Progetto Transfrontaliero Marittimo Italia – Francia "Epistemetec" con il contributo della Provincia di Cagliari.

 

PERCORSO

La mostra, che è stata inizialmente realizzata con il contributo di Hermés Parigi, si è ampliata con nuove esperienze e ora si sviluppa attraverso un percorso che comprende 6 stanze, 3 spazi e 2 ambienti. Nelle 6 stanze si propongono altrettanti paesaggi con istallazioni multimediali e interattive e la presenza costante di un cavalletto fotografico è la metafora che indica l'elaborazione narrativa e visiva di Studio Azzurro. Pezzi originali, reperti archeologici e preziosi documenti, dialogano con le installazioni multimediali per focalizzare l'attenzione su quella culla di civiltà che, nel Mediterraneo, fu il Mar Tirreno. Nei 3 spazi, fra cui la Cappella Dogale, antiche testimonianze raccontano elementi fondamentali dello spirito e dell'economia delle culture tirreniche, seguendone intrecci, corsi e ricorsi attraverso i millenni. Nei 2 ambienti finali si sviluppano delle narrazioni attraverso suoni e filmati.

 

Una prima area ci introduce a un'idea di Mediterraneo come luogo di interscambio e di culture diverse, che nel tempo si sono formate, incrociate, contaminate, dando luogo a un sentire comune, pur mantenendo gelosamente le proprie caratteristiche. In questa sala, due mappe reinventate del bacino mediterraneo, proiettate su grandi schermi, invitano il visitatore a capire e a intraprendere il viaggio che è stato fatto. Ricostruiscono visivamente le correnti dei venti, fecondatori inconsapevoli di terre, comparandoli ai flussi migratori di popoli e delle genti, avvenuti nelle varie epoche. Accanto alle mappe di oggi ecco il Mediterraneo delle mappe antiche che lo raffigurarono dapprima come la totalità del mondo conosciuto (l'Atlante Luxoro, raro atlantino medievale di scuola cartografica genovese, e la carta di Jacopo Maggiolo, dell'inizio del Cinquecento, dalle raffinate decorazioni splendenti di oro e porpora), poi come parte di un mondo sempre più vasto che abbracciava nuovi spazi via via che questi venivano scoperti: dal planisfero della Geografia di Tolomeo al Teatro del Mondo di Ortelio, dal primo atlante vero e proprio risalente a Mercatore agli atlanti settecenteschi modernamente essenziali e sempre più accurati.

 

STANZE

Il vento porta i profumi. Terre, rocce e risorse

Scenari naturali, campi coltivati, messi mature, distese di lavanda, e altro ancora sono i paesaggi del sud della Francia, che ci appaiono su due grandi schermi. Venti che soffiano, efficaci impollinatori, modellano i territori, portano odori e profumi e come enormi insetti anch'essi fischiano e sibilano. Una piccola rete posta al centro di un cavalletto fotografico intrappola uno sciame d'api virtuale. Toccandole, le api svolazzano sugli schermi e con i loro piccoli spostamenti, accompagnati da sibili e ronzii, modificano continuamente i paesaggi. Nella sala la rappresentazione cartografica della Provenza dell'Atlas universel, un atlante francese del Settecento, dal tratto asciutto, ma ricco di particolari.

 

Dietro gli scenari le risorse naturali - terre, rocce, minerali, coloranti e materie prime - che da millenni segnano il paesaggio umano del Tirreno. Marmo, ardesia, ocra, metalli e pietre rare furono il risultato di ricerche accanite e lavorazioni sapienti da cui nacquero, migliaia di anni fa, i primi simboli, i primi edifici, i primi tesori.

 

L'acqua si ferma nel sale. La flotta più antica

Il mare si trasforma e si ferma nel sale, visto come metafora di ciò che conserva e di ciò che corrode; paesaggi trasparenti e cristallini, ma anche relitti arrugginiti arenati sulla battigia. Il mare di paesaggi straordinari e inviolati e quello popolato da corpi che si agitano tra urla e risate, da rifiuti abbandonati.

In questa sala, su una piccola lastra centrale scorrono immagini video di luoghi affollati da turisti e gente di ogni tipo. Avvicinandosi l'immagine sparisce e su due schermi retrostanti, di grandi dimensioni, si mettono a fuoco vari scenari nella loro integra bellezza: i litorali della Grecia, le grandi saline, l'isola di Zante e le innumerevoli memorie archeologiche. Nel percorso cartografico sono presentate le due rappresentazioni più antiche dell'isola di Zante, da due celebri Isolari (atlanti di tutte le isole del mondo) pubblicati nel Cinquecento da Benedetto Bordone e da Tommaso Porcacchi.

Rarissimi bronzi e un'ancora in pietra ci restituiscono la flotta più antica: navicelle dal fondo piatto o curvo che hanno percorso le rotte marine dalla Sardegna verso oriente ed occidente, con i loro carichi di ceramiche, metalli, persone, idee.

 

La terra genera l'aria: gesti tra uomini e divinità

Tre grandi schermi verticali formano un'istallazione ascensionale che propone l'idea del vulcano, in particolare del Vesuvio. La materia lavica incandescente salendo svapora, diffondendo immagini e suoni del territorio campano.

Il visitatore, percorrendo una passerella di legno che conduce all'istallazione, determina con la vibrazione dei propri passi il cambiamento e la sovrapposizione di queste immagini. Accanto all'energia che il vulcano propaga c'è la devastazione. E' l'orribile accostato al bello, il bello all'orribile, moto che sta anche dentro gli uomini del Mediterraneo e le figure di Pompei di uomini, donne e bambini, rese straordinarie statue di gesso, racchiudono tutto il cerchio di questa contraddizione.

Una straordinaria incisione colorata a mano dall'Atlante di tutte le città del mondo di Georg Braun e Franz Hogenberg raffigura i Campi Flegrei come erano alla fine del Cinquecento. I reperti archeologici mettono in luce le relazioni tra umano e divino, tra il terrore di pericoli infiniti e la serenità conquistata attraverso gesti e rituali perpetuatisi, in

 

Sardegna, tra i templi protostorici e le chiese cristiane.

I modelli votivi di nuraghe, le figure bronzee di capi, guerrieri, sacerdotesse, offerenti e supplici e gli ex voto dai santuari, soprattutto costieri in cui per secoli i fedeli hanno chiesto guarigione e protezione a divinità indigene poi assimilate a quelle mediterranee, documentano l'intreccio dei culti ma anche le speranze dei malati e le loro attitudini di preghiera e scongiuro. Gesti ed ex voto che ci sono immediatamente familiari e comprensibili, in una continuità che, attraverso i santuari medievali, giunge sino a noi.

 

La luce scrive il vuoto. Paesaggi agrari e commerci scomparsi

La luce svela nel vuoto del deserto le sue infinite metamorfosi, e il deserto, come il mare, appare come una grande lavagna, su cui con un moto pacato ma inarrestabile, scrive il suo romanzo infinito e lo cancella.

Superando delle soglie di luce, in questo nuova stanza, avanzando lentamente ci vengono incontro visioni del deserto libico, delle rovine romane di Leptis Magna, di Cirene, Sabra e infine di Ghadames. Piano piano le immagini si ingrandiscono fino a evidenziare particolari nascosti. Dalle immagini in movimento alla carta dell'Africa settentrionale, un po' ingenua e sovraffollata di particolari com'è tipico delle carte medievali, in due edizioni della Geografia di Tolomeo della prima metà del Cinquecento.

 

Le anfore africane sono quasi onnipresenti nel Mediterraneo occidentale: grazie a loro conosciamo l'antica fertilità delle regioni nord africane oggi desertiche e quanto fossero trafficate le rotte tirreniche lungo le quali cereali, frutti, vino e olio d'oliva raggiungevano Roma, Genova, la pianura padana e l'Europa.

 

Il colore si annoda al suono: Marocco

In questa stanza un tappeto virtuale, 4mt per 6mt, se calpestato da uno o più visitatori fa emergere a poco a poco ciò che nasconde: le antiche vestigia di Volubilis, i conciatori di pelle di Fes, i Suq brulicanti di persone, le innumerevoli mercanzie esposte. Un'immensa tavolozza di forme e colori, di persone, di gesti e di suoni, che intrecciandosi tra loro, creano la trama di un tessuto fatto di relazioni, scambi e affetti che compongono famiglie, amicizie, tribù, etnie e popoli.

Tracce di antiche civiltà e popoli si possono ritrovare percorrendo la carta del Marocco contenuta nella monumentale opera dei grandi cartografi olandesi, Willem e Joan Blaeu.

 

Lo sguardo insegue la memoria: Siria

L'istallazione presentata in questa stanza è composta da due piccoli schermi contrapposti e tra questi ne sono collocati altri due, trasparenti e di grandi dimensioni.

Sequenze video di occhi dormienti, che appartengono a personaggi del luogo, bambini, giovani, donne e anziani scorrono sul primo piccolo schermo, all'unisono con immagini di occhi di antiche statue proiettate su quello uguale e retrostante.

 

Scelto uno di questi personaggi, i suoi occhi si aprono e interagendo con il visitatore in una sorta di dialogo visivo, mettono in movimento gli scenari sui grandi schermi. Appariranno molte immagini, tra cui il sito archeologico di Palmira, antica città romana, le Città morte bizantine, Serjilla e poi Ugarit, Ebla, Apamea, Aleppo e le antiche norie di Hama, fino a toccare l'Eufrate a Dura Europos al confine con l'Iraq.

In una Geografia di Tolomeo dell'inizio del Cinquecento una silografia della Siria fa scoprire al visitatore nei nomi stampati accuratamente in rosso e nero luoghi e città di antica memoria.

 

SPAZI ESPOSITIVI

La mostra si sviluppa ora attraverso un racconto non più virtuale, fatto di oggetti, di testimonianze materiali che arricchiscono con nuove suggestioni il percorso fatto, introducendo il visitatore in un'area mediterranea più circoscritta, quella del Tirreno con specifici riferimenti a Genova.

 

Rotte tra Tirreno e Mediterraneo

Merci e tesori sono raccolti e ordinati come fossero appena scaricati da una delle imbarcazioni che solcarono le rotte del Tirreno. Asce in giadeite, lame in ossidiana, lingotti, armi e gioielli, vasi preziosi e reliquie precedono i simboli della ricchezza di Genova e della sua potenza marittima: le monete.

Genova, città di mercanti e centro di traffici e scambi che si estendevano in tutto il Mediterraneo, è stata capace di costruire una cultura mercantile che ha lasciato testimonianze uniche, come i contratti notarili più antichi del mondo, manuali per imparare l'arte del commercio, leggi e decreti per regolare il mondo mercantile.

 

Voci e immagini del sacro

La voce di un muezzin che prega accompagna le manifestazioni del sacro nel Mediterraneo e nel Tirreno illustrate attraverso i due elementi iconografici più antichi: le statuine femminili e i tori.

 

Madri Mediterranee e la Madonna Regina di Genova

La Cappella Dogale è il luogo emblematico scelto per restituirci il senso è il valore simbolico che la "Mater" ha avuto nella cultura mediterranea. La statua della Madonna Regina di Genova posta sull'altare della Cappella, la Mater Matuta e le Madri di Capua ripropongono le contaminazioni e mescolanze tra antichità classica e mondo cristiano che caratterizzano la sfera del sacro nel Mediterraneo e nel Tirreno. La Madonna fu proclamata regina di Genova nel 1637. Da allora sull'emblema della città venne posta una corona reale, come nel magnifico volume manoscritto in cui sono raffigurati gli stemmi delle famiglie nobili genovesi.

 

AMBIENTI

Questi ultimi ambienti sono dedicati al saper fare e alla grande sapienza contenuta negli antichi gesti e al racconto in immagini video dell'attualità sociale e politica del Mediterraneo.

 

Gli artigiani

Filmati montati su piccoli schermi fanno vedere particolari di fasi di lavorazioni manuali, accompagnate sempre dai suoni che vengono emessi. Cinquantaquattro artigiani, di tutti i paesi visitati, che con il movimento delle mani modellano la materia trasformandola in sogno e in ritmo della storia: mani che battono il metallo, che impastano il pane, cuciono una rete, mani di uomini, che con quei gesti si relazionano con il territorio, lo trasformano, lo segnano con la loro cultura e la loro sapienza.

Un concerto di rumori, abilità e gesti ripetitivi, le cui origini si perdono nel tempo.

 

Il Mediterraneo oggi

Per chiudere la mostra vengono proposti molteplici sguardi che riportano all'attualità politica e sociale del Mediterraneo.

Immagini di conflitti, divisioni, disastri ecologici, differenze e distanze sono raccontate con filmati di repertorio, tratti da vari TG e proiettati sul pavimento. ( Fonte: www.palazzoducale.genova.it)

Editing: Angelo Marcotti

 

Biglietti

Intero € 8,00

Ridotto € 6,00.

Ridotto € 3,00

Biglietti cumulativi

Prezzi Meditazioni Mediterraneo + Acquario di Genova

Intero 22 euro

Ridotto 18 euro

Ragazzi 13 euro

Scuole 11 euro

Prezzi Meditazioni Mediterraneo + Galata Museo del Mare e Sommergibile Nazario Sauro

Intero 20 euro

Ridotto 16 euro

ragazzi 12 euro

scuole 10 euro

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30 agosto 2010 1 30 /08 /agosto /2010 16:03

Nel corso della sua intensa carriera professionale, l’artista si dedicò a più riprese all’incisione all’acquaforte creando alcune immagini che, per qualità estetica ed esecutiva, furono destinate a segnare in maniera indelebile la storia della grafica moderna. Le stampe, originate da occasioni temporanee, vennero poi riunite nella serie dei Capricci - dieci dei quali pubblicati per iniziativa di Anton Maria Zanetti di Girolamo nel secondo volume della sua Raccolta di Chiaroscuri del 1743 - e in quella degli Scherzi di Fantasia, realizzati in tempi diversi e pubblicati in volume unico solo dopo la morte dell'artista.

La mostra offre una ricognizione sulla ristretta, ma apprezzatissima produzione incisoria del pittore veneziano.

Gli studi riguardanti il corpus incisorio di Giambattista Tiepolo hanno fissato a trentacinque il numero di pezzi che lo compongono, individuando al suo interno una scansione cronologica che consente di anticipare con certezza l’esecuzione dei Capricci rispetto agli Scherzi di fantasia. Realizzati i primi tra il 1741 e il 1742, portati a termine i secondi in due distinte fasi tra il 1743-1744 e il 1754, sono stati oggetto di importanti studi che hanno individuato anche una possibile progressione esecutiva al loro interno. Il significato e il soggetto di tali saggi grafici rimane invece ancora misterioso e di difficile interpretazione dovendo essere probabilmente ricollegato al lato oscuro di quell’età dei lumi da cui appare caratterizzato il Settecento razionalista a livello internazionale.

Sortiti probabilmente dal riferimento alla cultura del mondo pagano e alla tradizione orfica intrecciate con l’esegesi veterotestamentaria di origine medievale, questi fogli continuano ad interessare studiosi e grande pubblico per il loro fascino ermetico, intessuto di rimandi allegorici e simbolici che Tiepolo non si preoccupò mai di chiarire.

Se il senso di queste immagini sfugge ancora a qualsiasi tentativo di rendere esplicito il loro messaggio, è comunque possibile proporre dei confronti con la cospicua produzione disegnativa dell’artista, all’interno della quale si rintracciano alcuni fogli che possono essere ricollegati di volta in volta, all’ideazione dei Capricci o degli Scherzi di fantasia. Si tratta di opere che talvolta evidenziano legami palesi con le acqueforti tanto da poterne essere considerate la fase ideativa, più spesso denunciano riferimenti vaghi e superficiali che inducono a ritenerle ulteriori variazioni sul tema. Nell’insieme essi rivelano, comunque, la ricchezza dell’universo creativo tiepolesco e contribuiscono a chiarire i meccanismi complessi che hanno presieduto alla loro origine inventiva.

Il percorso espositivo vede le acqueforti affiancate da diversi disegni e alcune delle lastre originali da cui furono tratte le incisioni stesse, per chiarire al grande pubblico l’intero processo che portò alla loro produzione.

Disegni e incisioni "di spiritoso e saporitissimo gusto"

Castello di Udine
22 maggio >> 31 ottobre 2010

 

Il servizio gratuito di bus navetta, che collega piazza Libertà al Castello, resta attivo fino al 30 settembre

Orari:

dal 1° giugno al 30 settembre
orario continuato dalle 10.30 alle 19.00
chiuso lunedì

dal 1° ottobre al 31 ottobre
orario continuato 10.30 alle 17.00
chiuso lunedì

Biglietti:

Intero: € 8,00
Ridotto: € 5,00
Scuole: € 2,00 per studente
Visite guidate: € 2,50 oltre al biglietto d'ingresso
il biglietto consente anche la visita alla Galleria d’Arte Antica

Presso il PuntoInforma e la biglietteria del Castello sono in vendita i biglietti  "open" (biglietti con data libera).
L'acquisto anticipato permette al visitatore  di accedere alla mostra in un giorno a scelta fino al 31 ottobre, senza alcuna maggiorazione.

Orari visite guidate:
Dal 1° giugno al 30 settembre:
sabato e domenica alle ore 11.30, 15.30 e 17.30

Dal 1° al 31 ottobre:
sabato e domenica alle ore 11.30 e 15.30

tel. +39 199.151.123

Fonte: www.udinecultura.it

Editing: Angelo Marcotti

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