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20 novembre 2010 6 20 /11 /novembre /2010 23:52

Indipendentemente dalle esposizioni in corso, quando si attraversano le sale della Galleria Borghese si percepisce tra le opere della collezione permanente del museo una presenza straniante e stupefacente: un dipinto diverso da tutti per la sua atmosfera algida, suggerita dai neri e dai bruni che si coniugano con l’eterea nudità di una figura femminile dai tratti allungati e dalla carnagione chiara.

 

Chi si sofferma su questa immagine tanto diversa dalla donna carnale e seducente del Rinascimento italiano, così ben definita dalle opere del Brescianino e del Dossi proprio nella stessa sala, scopre che l’autore è Lucas Cranach il Vecchio (Kronach, 1472 - Weimar, 1553) e quel dipinto è Venere e Amore che reca il favo di miele.

 

Attorno a questo quadro della collezione Borghese si coagula l’idea della mostra attuale, quinto evento della serie di dieci monografie in corso, dopo Raffaello, Canova, Correggio e Caravaggio.
Cranach rappresenta un Rinascimento del tutto diverso da quello che caratterizza l’arte italiana, soprattutto scevro dal costante riferimento all’antico. Dunque, al canone ideale albertiano della proporzione e dell’equilibrio si contrappone un concetto di bellezza e di espressività ispirato ai modelli fiamminghi, spesso segnato da asimmetrie. Il confronto tra la ritrattistica di Tiziano e Cranach è in tal senso sorprendente.

Eppure Cranach non volge le spalle alle novità pittoriche che si vanno diffondendo nelle grandi corti italiane, quali i Gonzaga, gli Este, i Medici. Anzi, con esse si misura, riproponendone le iconografie nel suo linguaggio. Né teme la competizione con il contemporaneo Albrecht Dürer, lui sì latore del cambiamento introdotto dall’Umanesimo, da cui viene profondamente influenzato nelle sue frequentazioni italiane.

Cranach, invece, si muove esclusivamente in ambito mittleuropeo, toccando tra 1502 e 1504 diversi centri artistici per giungere poi a Vienna. Ma è decisiva nella sua esperienza la chiamata a Wittemberg nel 1505 da parte di Federico il Saggio, con la carica di pittore di corte che manterrà fino alla morte. L’ambiente, privo di una consolidata tradizione artistica, ma vigorosamente influenzato dagli umanisti della giovane università, favorisce la formazione nella vivace bottega di Cranach di un canone figurativo che assurge presto al rango di regola pittorica in larga parte dell’Europa centro-orientale e che sopravvive a lungo oltre la scomparsa dello stesso artista.

Lo stile imprenditoriale con cui viene condotta la bottega, con l’ausilio di molti collaboratori, facilita l’acquisizione di un gran numero di commissioni. Soggetti religiosi e ritratti vengono prodotti in numerosi esemplari e con tecniche di serie. Se l’amicizia con Martin Lutero lo investe del ruolo di artista della Riforma, sono tuttavia i soggetti profani quelli che maggiormente vengono preferiti dal gusto spregiudicato dell’Umanesimo. Offrono un pretesto per la rappresentazione del nudo femminile filtrato attraverso le iconografie di Lucrezia, Eva, Venere. Motivi carichi di una sensualità anticlassica che trovano il loro perfetto equilibrio proprio nella dialettica con i canoni di opposto segno di cui è latore Tiziano. ( Fonte: www.exibart.com

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17 novembre 2010 3 17 /11 /novembre /2010 23:12

Resterà aperta fino al 16 gennaio 2011, a Firenze presso la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti, la rassegna dedicata ad Antonio Ligabue (Antonio Laccabue - Zurigo, 18 dicembre 1899 – Gualtieri, 27 maggio 1965), dal titolo Ruggito. Antonio Ligabue: la lotta per la vita. La mostra, a cura di Augusto Agosta Tota, presidente del Centro Studi & Archivio Antonio Ligabue di Parma a cui è affidata l’organizzazione della rassegna, sarà presentata in conferenza stampa venerdì 29 ottobre alle h. 11 dallo stesso Augusto Agosta Tota e dai critici Vittorio Sgarbi e Marzio Dall’Acqua, autori dei testi in catalogo assieme al critico parigino Pascal Bonafoux.

 

Una mostra incentrata sulla tematica degli animali, in particolare belve colte in scene di lotta e aggressioni - la Vedova nera, il Leopardo, Gatto selvatico con nibbio, Tigre assalita dal serpente – e numerosi autoritratti in cui Ligabue mostra il proprio volto in tutti gli aspetti del dolore fisico e psichico: 77 opere esposte, di cui 53 dipinti, 16 sculture e 8 disegni, veri capolavori di intensa forza espressiva e di prorompente energia cromatica. L’evento sarà promosso dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Firenze, dalla Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti in collaborazione con Firenze Musei con il riconoscimento dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, con il patrocinio di: Senato della Repubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Toscana, Provincia e Comune di Firenze.

 

A vedere i film originali di Raffaele Andreassi o di Pier Paolo Ruggerini, che lo riprendono nelle golene e sulle rive del Po, si fa fatica a immaginare un Ligabue diverso da un animale strano, selvatico. Cappellaccio calato sulla testa in qualche modo, naso più aquilino di un’aquila, panni più simili a stracci, e giù urli e versi gettati in faccia ad uno specchio che, chissà, forse gli restituiva la sua vera natura libera e selvaggia: sicuramente gli restituiva le immagini delle sue belve viste nei libri e ai circhi e trascinate dalla sua fantasia nei boschi del Po. Così, prima ancora che i critici diversi anni dopo, è per primo lui che vede nella sua faccia la tigre, il lupo o il leone, e in questi la sua immagine di animale selvaggio, costretto a schivare gli umani per salvarsi. E’ così anche ora, quando si guardano con un minimo di compassione gli autoritratti o le tele del suo bestiario: ecco perché la mostra di Firenze coglie uno degli aspetti più intimi e importanti dell’opera di Ligabue, e lo annuncia in modo straordinario con una sola parola,‘ruggito’: il suo ruggito, il ruggito dell’animale ritratto. Un lungo grido riportato da tela a tela e che sta a significare l’asprezza del mondo;

 

“Quando dipingeva animali feroci – dice uno dei suoi primi estimatori, il grande artista Marino Renato Mazzacurati - si identificava con loro a tal punto da assumerne gli atteggiamenti. Ruggiva spaventosamente, e imitava il leone, la tigre, il leopardo nell’atto di azzannare la preda. Sorprendente era la sua conoscenza della struttura anatomica degli animali, dei loro istinti, della loro forza”. A far da contrappunto i suoi autoritratti in cui accumula energia vitale, preleva dal fantastico che si affolla nella sua mente.

 

Ligabue con le belve e l’autoritratto riporta agli arcaici, preistorici significati del figurare: dipingere qualcosa significa possederla, in un certo senso, appropriarsene o almeno cercarne il possesso, evocare, esorcizzare, propiziare l’acquisizione. Ligabue sembra dipingere per possedere, lui che era privo di tutto. Anche l’autoritratto, vertice e rivelazione di un uomo che si presenta senza difese al dramma dell’esistenza, viene il sospetto possa essere stato così spesso dipinto per dimostrare di possedersi o per poter affermare di possedere, o almeno favorire, il dominio di sé che spesso gli sfuggiva. “Ligabue – dice il critico Luigi Cavallo - misura i propri connotati con ammirevole asprezza; non commenta pateticamente, accende tutta la propria umanità con lo stordimento del rifiutato e la caparbietà di chi ha preferito nascondersi alla vita piuttosto che sottostare al suo servizio”. Ecco perché per dipingere, e dipingersi, ha bisogno di urlare verso lo specchio, verso se stesso: il quadro che ne deriva non fa pensare a una bella compitazione, a una “acconciatura ben ravviata” come dice Cavallo: è piuttosto uno scatenamento di suoni gutturali e taglienti, scomposti quel tanto come le bufere nevose che affrontava sulle rive invernali del Po o come, semplicemente, la sua stessa vita.

 

Di questo grande artista espressionista si è detto tanto e tanto se ne dirà, come succede per tutti i grandi artisti che vengono interpretati e reinterpretati con i tempi e hanno sempre molto da dire. Ma questa di Firenze si pone come la mostra della maturità (dei critici, ovviamente), come un’importante tappa di avvicinamento alla scoperta della sua umana bestialità, insomma della sua vera natura di animale ferito che ci guarda con gli occhi dei suoi autoritratti e con gli occhi spiritati, e insieme spaventati, dei suoi animali. Alla fine, guardare quegli occhi è un po’ come guardarsi dentro. ( Fonte: http://www.affaritaliani.it)

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15 novembre 2010 1 15 /11 /novembre /2010 23:05

400 straordinari reperti datati intorno al 2000 a.C. scoperti dal grande egittologo Ernesto Schiaparelli e premurosamente conservati per un secolo nei depositi del Museo Egizio di Torino, allestiti nelle sale a piano terra del San Domenico, grazie alla generosa concessione della Soprintendenza Archeologica del Piemonte e delle Antichità Egizie e alla collaborazione della società Start.

 

L’esposizione ruota intorno ad uno straordinario nucleo di dodici sarcofagi a cassa in legno stuccato e dipinto con iscrizioni che tramandano formule d’offerta e rituali funerari magico-religiosi. In molti casi grazie alla lettura dei geroglifici è possibile svelare i nomi di questi uomini e donne appartenuti alla classe media, amministratori e piccoli proprietari terrieri, vissuti nel Medio Egitto intorno al 2000 a.C.
I sarcofagi, alcuni dei quali contengono ancora la mummia, sono arricchiti da tutti gli elementi del corredo funerario che accompagnavano il defunto e attraverso i quali oggi possiamo ricostruire le loro storie e quelle delle loro famiglie: vasi, poggiatesta, specchi, sandali, bastoni, archi e frecce, cassette in legno, modellini di animali, barche con equipaggi, modelli di attività agricole e artigianali.
Sono esposte circa 40 pareti di sarcofago con geroglifici incisi e dipinti e 10 stele recentemente restaurate, che svelano i segreti della scrittura geroglifica e permettono di conoscere le credenze funerarie e le principali divinità del pantheon egiziano.

 

Dove: Musei San Domenico, Forlì

Quando: dal 11.09.10 al 09.01.11

Ingresso: Intero: € 9,00 Ridotto: € 7,00 Gruppi superiori alle 15 unità, maggiori di 65 anni, residenti nella provincia di Forlì–Cesena, titolari di apposite convenzioni. Ridotto speciale: € 4,00 Minori di 18 anni, studenti delle scuole Elementari, medie e superiori. Gratuito: minori di 6 anni, un accompagnatore per gruppo, due accompagnatori per scolaresca, accompagnatori di disabili, giornalisti con tesserino

Per Informazioni

Civita

Tel: 199.75.75.15

izzo@civita.it; diana@civita.it

www.civita.it

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15 novembre 2010 1 15 /11 /novembre /2010 22:41

Dopo il grande successo della prima giornata di apertura al pubblico della mostra di Castel Sismondo a Rimini, Parigi. Gli anni meravigliosi. Impressionismo contro Salon, con presentazioni, spettacoli e concerti che hanno richiamato quasi tremila persone da tutta Italia, Linea d’ombra è lieta di offrire a tutti i suoi affezionati visitatori altri grandi eventi in occasione della prima giornata di apertura al pubblico, il prossimo 27 novembre, della mostra Mediterraneo da Courbet a Monet a Matisse, presso Palazzo Ducale a Genova. Si tratta dell’attesissima esposizione dedicata a due secoli di pittura francese, dalla metà del Settecento alla metà del Novecento, condotta sulle rive di quel mare e nel suo immediato entroterra provenzale. Una straordinaria mostra sul colore, dal Settecento di Vernet e Robert, all’Ottocento di Courbet, Monet, Van Gogh, Renoir, Cézanne e Munch fino al Novecento di Braque e Matisse.

 

Il Salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale a Genova sarà teatro, sabato 27 novembre, dalle 18 alle 23, di alcuni importanti appuntamenti, riservati a coloro che saranno in possesso del biglietto d’ingresso alla mostra, che eccezionalmente per quella giornata chiuderà all’una della notte. Dalle ore 17 fino alla chiusura di sabato 27 novembre, il biglietto d’ingresso sarà tra l’altro ridotto per tutti.

 

PROGRAMMA

Ore 18. Gianni Mura, il principale giornalista sportivo italiano, da quasi trent’anni inviato al Tour de France, dialogherà con Marco Goldin, curatore della mostra Mediterraneo da Courbet a Monet a Matisse, tra l’altro appassionato e praticante di ciclismo, sul tema “I paesaggi di Van Gogh, Monet e Cézanne al tempo del Tour de France”. Un inedito punto di vista sui più affascinanti paesaggi del sud della Francia, dai campi di lavanda in Camargue al monte Ventoux, mitica salita del Tour tra l’altro presente in un quadro del pittore d’inizio Ottocento Bidauld.

 

Ore 19. Il Quartetto Desueto in concerto, dal titolo Mari lontani. Giacomo e Mauro Da Ros, Aldo Betto e Cesare Ceschin, tra chitarre, basso e fiati tra cui spicca il sax di Ceschin, alla scoperta dei ritmi caraibici da un lato e dall’altro seguendo il filo di affascinanti canzoni scritte in proprio e dedicate al tema del mare.

 

Ore 20. Marco Goldin racconta la mostra Mediterraneo da Courbet a Monet a Matisse. Seguendo una consuetudine che negli ultimi dieci anni lo ha portato a presentare le sue mostre con grande successo e partecipazione di pubblico nei principali teatri italiani, lo storico dell’arte trevigiano introduce temi e motivi dell’esposizione, con la consueta capacità di descrivere i quadri attraverso le parole. Ad accompagnarlo sul palco, l’attore Gilberto Colla che leggerà brani dalle lettere di Van Gogh, Monet e Cézanne oltre a Renzo Ruggieri alla fisarmonica e Piero Salvatori al violoncello.

 

Ore 21.30. In anteprima assoluta, un grande evento musicale. Per la prima volta insieme Antonella Ruggiero e la PFM. Lo storico gruppo italiano insieme a una delle voci magiche della canzone d’autore italiana. L’omaggio a Fabrizio De Andrè sarà accompagnato anche dalla rilettura di qualche classico dei rispettivi repertori, in un concerto che promette di essere un’autentica sorpresa nel segno della meraviglia. Da non mancare!

 

Vi aspettiamo dunque tutti a Genova!

 

L’occasione di questa comunicazione è anche importante per segnalare che sul nostro sito www.lineadombra.it da alcuni giorni è attivo lo straordinario virtual tour dedicato alle mostre di Rimini, Parigi. Gli anni meravigliosi. Impressionismo contro Salon e Caravaggio e altri pittori del Seicento. Capolavori dal Wadsworth Atheneum di Hartford. Si tratta di un’occasione unica per entrare in diretta nelle sale suggestive di Castel Sismondo e ammirare quasi dal vero la bellezza delle tante opere giunte da tutto il mondo per celebrare il clima affascinante della Parigi del secondo Ottocento e il mondo caravaggesco. Il successo di visitatori che le mostre hanno avuto nei primi venti giorni di apertura, testimonia di come il pubblico stesso abbia ben compreso la novità assoluta nella presentazione di un mondo così articolato come quello parigino del XIX secolo. Entrate dunque nel magico mondo del virtual tour e sarete proiettati nella Parigi di Monet e Renoir, di Van Gogh e Manet. E tuffatevi nella ricostruzione fedele di una sala parigina del 1880.

 

Ricordate che a Villa Manin di Passariano di Codroipo (Udine) è aperta un’altra grande mostra storica organizzata da Linea d’ombra, Munch e lo spirito del Nord. Scandinavia nel secondo Ottocento. Per la prima volta in Italia l’opera di Munch posta in relazione e a confronto con gli splendidi maestri della pittura in Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia. Una mostra che ha davvero conquistato pubblico e critica.

 

Per le prenotazioni alle mostre è attivo il nostro call center, e potete chiamare lo 0422.42999. Oppure inviare una mail a biglietto@lineadombra.it oppure naturalmente consultare il nostro sito www.lineadombra.it dove i privati possono anche prenotarsi autonomamente.

 

Sempre sul nostro sito, a partire da questo indirizzo https://shop.lineadombra.it/articoli.asp?cat=1, potrete anche acquistare, con carta di credito o in contrassegno, i cataloghi di tutte le mostre. Vi verranno spediti con corriere espresso direttamente a casa vostra.

 

E da metà dicembre sarà pronto e consultabile sul nostro sito anche il virtual tour della mostra di Genova dedicata al Mediterraneo.

 

Non mancate di approfittare di tutte le occasioni che Linea d’ombra quest’anno vi offre. A presto per altre comunicazioni.

 

Linea d’ombra - Ufficio comunicazione

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13 novembre 2010 6 13 /11 /novembre /2010 21:40

Dopo il successo della prima grande esposizione di Edward Hopper in Italia, la Fondazione Roma, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, riporta l’attenzione sull’arte antica, con un nuovo straordinario evento dedicato alla riscoperta dell’antichità nell’Urbe del XVIII secolo.
Promossa dalla Fondazione Roma, la mostra Roma e l’Antico. Realtà e visione nel ‘700 è organizzata con Arthemisia Group, partner ormai consolidato nella realizzazione di eventi artistici d’eccellenza, e nasce in collaborazione con i Musei Capitolini, i Musei Vaticani e l’Accademia Nazionale di San Luca.

La mostra sarà inoltre l’occasione per inaugurare i nuovi spazi espositivi del Museo della Fondazione Roma in Palazzo Sciarra Colonna, dove sarà allestita dal 30 novembre 2010 al 6 marzo 2011.
Con la sede di Palazzo Sciarra Colonna che si aggiunge allo spazio museale di Palazzo Cipolla, su via del Corso, la Fondazione Roma incrementerà ulteriormente le proposte espositive, offrendo al pubblico eventi culturali diversificati e di grande qualità, con una programmazione ricca di mostre di arte antica, moderna e contemporanea.



 Afferma il Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele: “La Città eterna è il principale oggetto di interesse della Fondazione Roma. Da essa si parte per confrontarci col mondo che ci circonda. Così, dopo la mostra sul ‘400, cui si sono succeduti gli sguardi al mondo orientale con Hiroshige e all’America con Hopper, torniamo a Roma e alle arti che vi fiorirono nel ‘700. Secolo delle grandi scoperte archeologiche, nel ‘700 il fascino dell’antico coinvolge infatti artisti, letterati, studiosi e collezionisti internazionali e il richiamo suscitato dai reperti archeologici dell’Urbe – autentici o riprodotti – genera una vera e propria moda. La mostra racconta dunque di Roma quale modello culturale universale, con le sue meraviglie, i suoi monumenti e i suoi primi musei. Grazie a questa mostra alcuni capolavori fuoriusciti dall’Italia nel Settecento, per arricchire le collezioni delle antichità più prestigiose dell’epoca, rientrano per la prima volta dall’estero, per offrire al visitatore l’opportunità di osservare l’entità dei modelli figurativi classici, permettendogli di rivivere il fascino di una città che nel XVIII secolo, grazie alla ricchezza del suo patrimonio artistico e monumentale, assunse un primato indiscusso nel contesto europeo.”

 

LA MOSTRA
A cura di Carolina Brook e Valter Curzi, l’evento riunisce opere d’arte e reperti archeologici nell’intento di mettere a fuoco il principale fattore della fama internazionale di Roma nel Settecento: l’Antichità classica, modello di riferimento per le arti, l’erudizione e il gusto, che dalla capitale pontificia si diffuse in tutta Europa.

 

A tal fine è stato selezionato un nucleo straordinario di 140 opere, tra sculture, dipinti e raffinati oggetti d’arte decorativa, per il quale sono state chiamate a raccolta importanti istituzioni museali italiane e straniere: oltre ai maggiori Musei romani, le Gallerie nazionali di Parma, Torino e Firenze, il Museo canoviano di Possagno, il Museo del Prado, il Palazzo Reale e il Museo Archeologico di Madrid, il Louvre, il Victoria & Albert Museum di Londra, il Museo Acheologico di Dresda, l’Hermitage di San Pietroburgo e le Accademie reali di Londra e Madrid.

 

Capolavori antichi e opere moderne sono posti a confronto nell’idea di restituire al visitatore la suggestiva competizione che animò le Arti nella Roma del Settecento. Di particolare suggestione risultano le sculture antiche presenti in mostra, quali l’Apollo Citaredo e l’Erma di Pericle dai Musei Vaticani, la Flora e l’Eros Capitolini, la Musa e la Testa di Serapide dal Prado, l’Athena Lemnia dal Kunstsammlungen di Dresda e la Minerva d’Orsay, eccezionalmente prestata dal Louvre, raffinato esempio di restauro con integrazioni settecentesche.

 

La fortuna dell’Antico nel Settecento è altresì documentata dai più importanti artisti del tempo che nell’Antico hanno trovato un motivo privilegiato d’ispirazione: Antonio Canova, con le sculture Venere e Adone - dal Museo e Gipsoteca di Possagno - e Amore Alato noto come Amorino Yussupov dall’Hermitage di San Pietroburgo; Jacques Louis David, con l’esemplare nudo accademico di Ettore, realizzato a Roma e ora conservato nel Musée Fabre di Montpellier; Anton Raphael Mengs, con il Parnaso dell’Hermitage e il notissimo “falso antico” Giove bacia Ganimede della Galleria di Palazzo Barberini; e ancora, Giovanni Battista Piranesi, presentato in un’inedita veste di mercante di antichità, a cui rinvia il monumentale Vaso, sempre dall’Hermitage, acquistato dall’Imperatrice di Russia Caterina II, da ammirare accanto ai raffinati manufatti Volpato e Wedgwood, tanto ricercati dai viaggiatori del tempo.

 

Esposte anche opere di Carlo Albacini, Pompeo Batoni, Louis Clérisseau, Benigne Gagneraux, Jean Antoine Houdon, Angelica Kauffmann, Vincenzo Pacetti, Giovanni Paolo Panini, Giacomo Quarenghi, Hubert Robert, Cristoforo Unterperger, Luigi Valadier, Gaspar Van Wittel, Anton Von Maron.

 

Novità assoluta della mostra è inoltre la suggestiva ricostruzione virtuale dei perduti interni della Domus Aurea, ideata da Stefano Borghini e Raffaele Carlani.

 

Negli anni compresi tra il 1758 e il 1769, grazie a papa Clemente XIII, si svolsero i primi scavi sistematici nella fastosa residenza di Nerone, già meta di incursioni nel Rinascimento, ma sterrata per la prima volta solo nel XVIII secolo, quando si mostrò a pieno nel lusso dei suoi ornamenti. Sulla base dei disegni e delle incisioni acquerellate tratte all’epoca dalle antiche decorazioni, la moderna tecnologia virtuale consente oggi di assistere allo stesso spettacolo che si presentò ai visitatori del Settecento. Il pubblico della mostra potrà così immergersi in uno scenario affascinante di affreschi, stucchi e mosaici ed entrare pienamente nella seducente atmosfera della riscoperta dell’Antico.

 

IL PERCORSO IN SETTE SEZIONI
Con un percorso articolato in sette sezioni, l’esposizione racconta il fascino della Roma settecentesca e il suo straordinario carattere cosmopolita: città ricca di monumenti e di rovine maestose e il cui interesse nel corso del Settecento è incrementato dell’attività di scavo, con sempre più frequenti e significativi ritrovamenti di antichità. Roma luogo della formazione accademica, modello per l’intera Europa, ma anche sede del mercato antiquario, in cui si muovono mercanti e studiosi, collezionisti e amatori, artisti e dilettanti, aristocratici e teste coronate.

 

Alle dimore nobiliari, in cui l’Antico rivive nelle ricche collezioni di statue e nella decorazione degli interni, rinnovati spesso secondo un gusto antiquario, si aggiunge il richiamo di nuovi musei, dove l’immersione nell’Antico risulta totalizzante, garantendo ai numerosi viaggiatori dell’epoca una delle esperienze più esaltanti nel corso del Grand Tour.

 

I SEZIONE Il gran teatro delle rovine e il fascino della statuaria antica
La mostra si apre con una selezione di vedute di Roma antica, unita a un insieme di “capricci” che nell’assemblaggio fantasioso dei monumenti della classicità romana, diedero fama a un genere particolarmente apprezzato dai collezionisti di tutta Europa. Vi compaiono i nomi di alcuni dei più celebri pittori dell’epoca: da Gaspar van Wittel a Giovanni Paolo Panini, da Clérisseau a Hubert Robert. Insieme ai dipinti, una serie di copie settecentesche di celebri sculture antiche, quali la Flora Farnese, il Laocoonte o il Vaso Borghese, introduce il visitatore nella passione del sec. XVIII per le antichità, attraverso un itinerario che unisce al gran teatro delle rovine, le testimonianze figurative di un passato evocato e rimpianto.

 

II SEZIONE La “resurrezione” dell’Antico: scavare e conservare
La grande stagione degli scavi romani del Settecento, che ha determinato l’origine della disciplina archeologica, è rievocata attraverso alcuni dei più importanti cantieri e rinvenimenti di pitture e sculture.

All’entità del patrimonio emerso corrisponde la necessità di luoghi espositivi, quali Villa Albani e i Musei Capitolini e Vaticani, di cui la sezione racconta la nascita attraverso dipinti, disegni, incisioni e sculture.
Fra le opere di maggior rilievo sono presenti la Flora e l’Eros Capitolini, la prima rinvenuta a Tivoli nel 1744 e il secondo proveniente dall’importante collezione di Ippolito d’Este, l’Erma di Pericle dei Musei Vaticani, a cui Vincenzo Monti dedicò un celebre sonetto, e la preziosa serie di incisioni acquerellate (conservate alla British School at Rome e all’Accademia Reale San Fernando di Madrid) che riproducono le coloratissime decorazioni parietali, ormai perdute, della Domus di Villa Negroni e della Domus Aurea. Gli interni di quest’ultima sono da ammirare nel video con la ricostruzione virtuale della lussuosa dimora.

 

III SEZIONE Restaurare, reinventare, falsificare e vendere l’Antico
Molte delle statue antiche romane, esposte nei musei di tutto il mondo, sono il risultato di radicali interventi di restauro settecenteschi. Nella Roma dell’epoca, infatti, il restauro dei reperti veniva affidato a celebri scultori che integravano e non di rado reinventavano i soggetti delle statue. Per esempio, la fortuna dell’iconografia di Apollo è documentata nella sezione attraverso varie sculture, come la Statua di Pothos restaurata come Apollo Citaredo, dei Musei Vaticani, e manufatti di diversa destinazione e funzione, fra i quali il celebre Vaso con Apollo e le Muse di Wedgwood, del Victoria & Albert Museum.

Caro ai collezionisti dell’epoca anche il soggetto di Minerva, qui rappresentato dalla straordinaria Minerva d’Orsay del Louvre, risultato dell’assemblaggio di parti di restauro in marmo bianco con un rarissimo reperto antico in onice dorato. Quest’ultima e le sculture del II secolo d.C. provenienti dai musei del Prado (Testa di Serapide, Busto di Ercole) e di Dresda (Busto di Marco Aurelio e Athena Lemnia) rendono noto, per altro, il fenomeno della dispersione delle collezioni gentilizie romane e della conseguente diaspora delle opere all’estero. Capolavori che, in occasione della mostra, rientrano eccezionalmente in Italia a oltre due secoli di distanza.
Interessante anche il fenomeno delle falsificazioni, sempre più diffuso con il proliferare dei ritrovamenti e il sempre maggiore interesse per l’arte classica. Da non perdere in tal senso l’affresco staccato con Giove bacia Ganimede di Palazzo Barberini, considerato addirittura dal Winckelmann come "il più bel dipinto dell'antichità" e realizzato invece da Mengs.

 

IV SEZIONE Il mercato dell’Antico: le botteghe di Bartolomeo Cavaceppi e Giovanni Battista Piranesi
Nella Roma del Settecento si ritrovano i collezionisti di antichità di tutta Europa. Agenti delle case regnanti, intermediari di diverse nazionalità, si rivolgono a botteghe specializzate nel restauro e nella vendita di manufatti antichi.

La sezione documenta l’attività di due delle più celebri botteghe romane: quelle di Bartolomeo Cavaceppi e Giovanni Battista Piranesi, di cui si indaga per la prima volta l’attività mercantile. Di quest’ultimo, noto soprattutto come incisore, vengono esposti due straordinari vasi in marmo, frutto di un assemblaggio di frammenti antichi che l’artista collezionava in gran numero. Di Cavaceppi la sezione presenta invece un nucleo poco conosciuto di terracotte, tratte da celebri opere antiche, che illustrano la ricchezza di modelli, pronti ad essere replicati nella sua bottega.

 

V SEZIONE Formarsi sull’Antico: il magistero delle Accademie
La quinta sezione illustra la formazione artistica e il diffondersi del modello didattico romano, grazie al riconoscimento europeo del primato dell’Antico. Si trova qui riunita una preziosa selezione di gessi tratti da note statue antiche e donati dal pittore Mengs all’Accademia Reale San Fernando di Madrid, con finalità didattiche, e soprattutto la famosa Accademia maschile detta Ettore realizzata nel 1778 da David (Musée Fabre, Montpellier), che documenta lo studio del nudo maschile a Roma, imprescindibile nell’esercitazione accademica del tempo.

 

VI SEZIONE Abitare l’Antico: il gusto e la decorazione degli interni
La sezione intende rievocare come il culto dell’Antico abbia interessato il gusto del tempo, al punto da condizionare la produzione di manufatti destinati all’arredo e agli oggetti di uso quotidiano.

Si trova qui il magnifico Dessert realizzato da Luigi Valadier nel 1778 e acquistato in seguito da Carlo IV di Spagna. Un oggetto, tanto raro quanto prezioso: un centrotavola, di grandi dimensioni (3 metri di lunghezza) in marmi antichi e pietre dure, decorato con riproduzioni di edifici classici, che il celebre scultore e orafo romano inventò per una clientela con disponibilità economiche eccezionali.
Nella sezione inoltre vengono esposti altri raffinati manufatti, di Meissen, di Sèvres,di Doccia, Volpato, oltre che progetti inediti della bottega di Valadier, destinati all’addobbo della tavola, così come all’arredo degli ambienti.

 

VII SEZIONE Gli artisti nella sfida con l’Antico
L’ultima sezione della mostra raccoglie una selezione di dipinti e sculture dei più celebri artisti che guardarono all’Antico per trarne ispirazione.

Dipinti di Pompeo Batoni, Angelica Kauffmann, Domenico Corvi, e Anton Von Maron si accompagnano alle sculture di Houdon, Valadier, Pacetti, Hewetson e Collino.
Chiude la mostra, con i due capolavori Venere e Adone, dalla Gipsoteca di Possagno, e Amore Alato, dall’Hermitage, colui che veniva significativamente ricordato all’epoca come il più grande “emolo di Fidia”: Antonio Canova.

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13 novembre 2010 6 13 /11 /novembre /2010 21:25

In occasione del cinquecentenario della morte dell'artista fiorentino, la mostra Botticelli nelle collezioni lombarde, in programma al Museo Poldi Pezzoli dal 12 novembre 2010 al 28 febbraio 2011, riunisce per la prima volta le opere di uno dei più grandi maestri del Rinascimento italiano conservate nelle collezioni pubbliche milanesi e lombarde.
"È un'occasione unica - dichiara Annalisa Zanni, direttore del Museo - per poter ammirare uno accanto all'altro alcuni dei capolavori di Botticelli "dispersi" in alcuni dei più importanti musei lombardi e forse non noti al grande pubblico, anche perché "immersi" tra altre grandi opere, quanto quelli conservati a Firenze".

Il Museo Poldi Pezzoli, infatti, possiede ben tre opere di Sandro Botticelli: due dipinti di grande qualità, la Madonna del libro e il Compianto sul Cristo morto, e un bellissimo ricamo raffigurante l'Incoronazione della Vergine, eseguito su disegno dell'artista per un cappuccio di piviale.
Accanto a queste opere la mostra presenta importanti prestiti provenienti dalla Pinacoteca dell'Accademia Carrara di Bergamo - il Ritratto di Giuliano de' Medici, la tavola raffigurante la Storia di Virginia Romana e il Redentore Benedicente - e due disegni conservati alla Biblioteca Ambrosiana, appartenenti al celebre Codice Resta, San Tommaso che riceve la cintola dalla Vergine e Pallade Atena.

L'esposizione, a cura di Andrea Di Lorenzo e Annalisa Zanni, intende valorizzare la presenza nelle collezioni lombarde dell'artista fiorentino e guidare il visitatore alla scoperta della sua produzione attraverso una rappresentazione completa delle tecniche in cui si manifestò l'arte di Botticelli e della sua bottega, nel periodo più significativo della sua attività, che va dall'inizio degli anni ottanta alla fine degli anni novanta del Quattrocento.
Seguendo l'evoluzione dello stile dell'artista, la mostra propone una riflessione sui temi della bellezza, della devozione e della penitenza, passando dal carattere pacato e prezioso della Madonna del libro ai toni patetici e drammatici e ai colori squillanti del Compianto. L'esposizione è anche l'occasione di un importante recupero: infatti la Madonna del libro, molto sofferente, è stata restaurata grazie alla generosità di Marta Marzotto, in ricordo della figlia Annalisa.
Botticelli nelle collezioni lombarde prosegue il percorso espositivo del Museo Poldi Pezzoli dedicato al collezionismo, approfondendo il tema della riscoperta dell'artista fiorentino nel corso del XIX secolo a Milano e in Lombardia.

La preparazione della mostra, inoltre, ha portato a importanti scoperte legate alla tavola del Redentore benedicente, che vengono presentate al pubblico per la prima volta. Il dipinto, che in origine faceva parte di un dittico, è stato a lungo trascurato dalla critica e considerato opera di bottega, viene ora attribuito a Botticelli da Everett Fahy, già direttore del dipartimento di pittura europea del Metropolitan Museum di New York. Il pendant, raffigurante la Mater Dolorosa, fino agli anni dieci del Novecento era conservato in una collezione privata di San Pietroburgo ed è oggi considerato perduto, ma il suo aspetto ci è noto grazie al ritrovamento di una riproduzione fotografica, mai pubblicata o segnalata finora nella bibliografia sull'artista, che permetterà di ricostruire virtualmente in mostra il dittico, dopo più di un secolo dal suo smembramento.
L'allestimento, progettato da Luca Rolla e Alberto Bertini, è di grande impatto emotivo, isola i capolavori e, favorendo un incontro personale e diretto con l'opera, permette di coglierne i significati più profondi.

A disposizione dei visitatori, un apparato didattico completo a cura di Stefano Zuffi, costituito da audio guide realizzate da Start s.r.l., che accompagnano nel percorso espositivo e nella comprensione delle opere e da pannelli a cura di Emilio Fioravanti (G&R Associati) per la parte grafica.
Accompagna l'esposizione un catalogo, a cura di Andrea Di Lorenzo, edito da Silvana Editoriale (www.silvanaeditoriale.it), con saggi e schede delle opere dei maggiori esperti dell'artista rinascimentale fiorentino.

Apertura: da mercoledì a lunedì, dalle 10.00 alle 18.00
Chiuso il martedì
Ingresso: 8,00 € | 5.50 € ridotto | bambini fino ai 10 anni gratuito

da Ministero dei Beni Culturali

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10 novembre 2010 3 10 /11 /novembre /2010 22:30

Canova e Modigliani. Personalità che più diverse non si può, così come diversissimo è il mondo che rappresentano.
 

Eppure tra i due non passa più di un secolo, cent’anni, un soffio nella storia.

Ma furono cent’anni particolari, di cambiamenti mai prima vissuti, cent’anni di sconvolgimenti che, nel bene o nel male, hanno letteralmente stravolto la geografia stessa del mondo.
Anche per questo la mostra di Palazzo Zabarella ha il fascino di una grande, domestica “epopea”, un potente, ammaliante racconto per immagini.

 

Capace di trasmettere, come solo i grandi artisti ed i grandi registi sanno fare, storie, sentimenti, personalità unicamente utilizzando un particolare, uno sguardo, un volto.
Ad essere ritratti non sono re e regine, generali o prelati ma uomini e donne della borghesia, a rimarcare come la Storia sia fatta di tante, apparentemente piccole, storie.

Vengono in mente certi romanzi di Stendhal, Tolstoj, Thomas Mann ma soprattutto di Manzoni e d’Annunzio.
 

E, non a caso, viene in mente il cinema. Non a caso, perché taluni di questi ritratti costituirono modelli per inquadrature celebri, di Visconti, per fare un nome, il Visconti di Senso, del Gattopardo o di Morte a Venezia.
 

Questi oli, bellissimi, trasmettono vitalità, gioia, passione, raccontano stati d’animo, incidono personalità. Torna in mente la ricerca del volto dell’anima.

 Personaggi noti e sconosciuti, messi in posa o ripresi, tanto per tornare al linguaggio cinematografico, in interni fastosi, in atti e atteggiamenti mondani o introspettivi, da soli o in gruppi familiari. Accoccolati su una panca di legno con accanto tre libri gialli e un cappello verde oppure parte di composizioni dove il paesaggio “vale” le figure che lo popolano.

 

E accanto agli oli le sculture, a comporre un dialogo perfetto, senza nessuna calata di tono, e a suggerire un sottile gioco di rinvii tra artisti ma anche tra effigiati, un ideale salotto che accoglie, di volta in volta, serate mondane, incontri familiari o di seduzione ma anche pause di tranquilla solitudine.

Nel secolo in cui torna potente la ricerca del vero, quasi un’ansia di scoprire la psiche umana, Canova e Modigliani demarcano i due confini temporali ma significativamente si incontrano nella scelta di idealizzare il ritratto.
 

Canova, rendendo sublime il gusto per la perfezione classica, idealizza i potenti che ritrae, trasformandoli in moderni dei di un nuovo Parnaso. Modigliani allungando i colli, come non aveva osato nemmeno Parmigianino, propone, in pittura, una nuova dimensione che sembra fare sintesi della modernità di Picasso e Matisse. Non a caso, entrambi proiettai sulla scena internazionale, il primo per committenza e consacrazione, il secondo perché “italiano a Parigi”, come de Nittis o Boldini.

Tra Canova e Modigliani la mostra svela un secolo di artisti. Appiani, Hayez, Boldini, Boccioni, Thorvaldsen, Bertolini, Ingres, Molteni, Piccio, Fattori, Lega, Zandomeneghi, Cremona, Ranzoni, Pellizza da Volpedo, Tito, Corcos, Balla e Severini tra gli altri.

 

E’ sicuro che dopo aver visitato questa mostra nessuno, ma proprio nessuno, potrà più pensare al ritratto come “genere minore”, anzi! ( Fonte: www.zabarella.it)

 

Informazioni Generali

Dal 2 Ottobre 2010
al 27 Febbraio 2011

Orario: 9:30 - 19:30
Tutti i giorni
La biglietteria chiude 45 minuti prima.


Tel. (+39) 049 8753100
Fax (+39) 049 8752959


info@palazzozabarella.it

 

Prenotazioni

Telefono
(+39) 049 8753100

 

Biglietti:

 

Scuole: fino a 25 alunni max.
Visita guidata € 50,00 + €5,00 biglietto + 2 gratuità per gli insegnanti, esclusa la prevendita obbligatoria.

Gruppi: da 15 a 25 persone max.
Visita guidata €100,00 + €8,00 biglietto singolo partecipante + 1 gratuità per gruppo, esclusa la prevendita obbligatoria.

Guardaroba:

Singoli € 2,00

 

 

Il guardaroba è gratuito e obbligatorio per valigie, borse zaini, caschi, ombrelli e oggetti il cui ingombro sia ritenuto pericoloso dal personale di sorveglianza. Durante la visita della mostra, oggetti ingombranti e passeggini devono essere lasciati presso il guardaroba.

 

Non è consentito l'accesso in mostra con cibo e bevande né con animali.

 

 

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9 novembre 2010 2 09 /11 /novembre /2010 10:58

Un nuovo straordinario evento dedicato a Caravaggio, nella sua terra di origine, chiude le celebrazioni per il quarto centenario della morte del maestro lombardo. Tutte le opere di Michelangelo Merisi (1571 – 1610) si potranno ammirare nel loro folgorante splendore nella mostra Caravaggio. Una mostra impossibile allestita in Palazzo della Ragione a Milano, dal 10 novembre 2010 al 13 febbraio 2011. Ma non solo.

 

Entrando nello spazio espositivo il pubblico sarà accompagnato da Caravaggio in un affascinante viaggio alla scoperta dei segreti della sua vita e della sua arte.

 

Promossa dal Comune di Milano - Cultura, dalla Rai Radiotelevisione Italiana, e prodotta e organizzata da Arthemisia Group e Palazzo della Ragione, la Mostra impossibile del Caravaggio raccoglie 65 capolavori - l’intero corpus delle opere di Michelangelo Merisi, nessuna esclusa e comprese alcune attribuite – riprodotti ad altissima definizione e disposti lungo un itinerario cronologico. Un viaggio “impossibile” tra dipinti disseminati nei musei, nelle chiese e nelle collezioni private di tutto il mondo, che diventa realtà nell’era della riproducibilità digitale dell’opera d’arte. A più di mezzo secolo di distanza dalla celebre rassegna milanese dedicata a Caravaggio nel 1951, a cura di Roberto Longhi, il capoluogo lombardo rende così omaggio all’artista con un evento ancora più esaustivo e omnicomprensivo delle sue opere.

 

"Un Caravaggio impossibile ma probabile, con una premessa: non c'è cultura senza educazione. Questo è il senso del progetto - spiega l'Assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory -. L'arte antica ha bisogno di futuro e questo Caravaggio virtuale ha qualcosa di molto reale: la possibilità di conoscere la bellezza dell'arte attraverso la tecnologia, con il sorprendente risultato di riuscire a vedere tutte le opere di Caravaggio in un unico spazio scenico". Grazie a questo progetto ideato e curato da Renato Parascandolo, realizzato dalla Rai in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e con un comitato scientifico composto da Ferdinando Bologna e Claudio Strinati, le opere di Caravaggio conservate da Parigi a San Pietroburgo, da New York a Princeton, da Dublino a Vienna, da Roma a Napoli, Firenze, Siracusa, ecc. sono oggi fruibili in uno stesso luogo.

 

I quadri, riprodotti in digitale con tecnologie d’avanguardia ad altissima definizione, nel rigoroso rispetto delle dimensioni, dei colori e della luce originali, si trovano finalmente riuniti realizzando un sogno a lungo coltivato da studiosi, critici e appassionati. L’esposizione supera spazio e tempo e fa rivivere a distanza di secoli il pittore più moderno e rivoluzionario della storia, seguendo passo dopo passo le tappe dalla sua opera e della sua vita burrascosa. Entrando in una vera e propria wunderkammer, i visitatori saranno infatti accolti da performer nei panni del grande maestro e verranno condotti nel suo mondo attraverso aneddoti di vita vissuta e racconti sulle opere, scanditi in tre fasi temporali: gli esordi, la maturità, il periodo precedente la prematura scomparsa. Caravaggio rivive altresì attraverso numerosi film, documentari storici e spettacoli a tema, proiettati su grandi schermi televisivi; l’atmosfera dell’epoca si respira nella sezione con i quattro dipinti del maestro in cui compaiono strumenti musicali e spartiti. Un sottofondo sonoro di madrigali, cantati da un coro a quattro voci, pervade l’ambiente: sono le musiche dipinte dal Caravaggio in quattro opere famose: Riposo durante la fuga in Egitto (1596), le due versioni del Giovane che suona il liuto (1596- 97) e Amore vincitore (1602).

 

Caravaggio. Una mostra impossibile non è una mostra convenzionale ma è innanzi tutto un sistema di comunicazione innovativo e altamente didattico, che coinvolge e rende partecipe il visitatore-spettatore in modo attivo, con un’esperienza visiva e auditiva a tutto tondo. Si tratta inoltre di una tipologia di mostra senza precedenti in quanto omnicomprensiva rispetto a qualsiasi altra esposizione, anche perché, a causa dei costi proibitivi di allestimento e della crescente difficoltà di ottenere dai musei il prestito delle opere d’arte, una mostra di tutti i dipinti del Caravaggio era e resta impossibile in assoluto. Inoltre, la riproduzione digitale dei dipinti consente di prolungarne la memoria al di là dell’usura e degli eventi, di trasmetterne ai posteri una testimonianza attendibile e, soprattutto, rende possibile una più esauriente e analitica “leggibilità” delle opere stesse, consentendo di percepire aspetti cromatici e luministici - l’essenza della pittura caravaggesca - solitamente inaccessibili all’occhio umano di fronte all’originale, a causa del contesto in cui viene esposto e per lo stato di conservazione dell’opera.

 

SITO INTERNET Arricchisce il valore didattico del progetto, il sito internet della mostra www.caravaggio.rai.it. In questa sorta di catalogo virtuale è possibile, tra l’altro: ascoltare dalla viva voce di autorevoli storici dell’arte la descrizione dei dipinti; entrare nei più minuti dettagli delle opere fino a scorgerne la trama della tela; vedere le sequenze più significative dello spettacolo teatrale che Dario Fo ha realizzato espressamente per la “Mostra impossibile”; leggere le testimonianze sul Caravaggio dei suoi contemporanei; ascoltare i madrigali “dipinti” in alcune opere; cimentarsi con un gioco che richiede di scoprire a quali opere appartengano alcuni dettagli.

 

CONTENUTI DELLA MOSTRA In un suggestivo allestimento, l’esposizione segue un’impostazione cronologica e tematica che illustra il percorso artistico di Michelangelo Merisi dagli esordi romani agli ultimi anni, riunendo in due sezioni apposite i dipinti eseguiti nella capitale (1599-1603) per la Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi: la Chiamata di Levi d’Alfeo (San Matteo), San Matteo e l’angelo e Il martirio di San Matteo; e per la Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo: la Conversione di Saulo e la Crocifissione di San Pietro, accostate alla prima versione della Conversione di Saulo, appartenente alla Collezione Odescalchi-Balbi. Un’altra sezione è dedicata ai quattro dipinti sul tema della musica, con sottofondo sonoro - esecuzione dall’ensemble Musica Picta diretto da Paolo Camiz – tratto dagli spartiti dei madrigali raffigurati nel Riposo durante la fuga in Egitto (1596) della Galleria Doria Pamphilj di Roma, nelle due versioni del Giovane che suona il liuto (1596-97) conservati all’Ermitage di San Pietroburgo e al Metropolitan di New York, e in Amore vincitore (1602) del Staatliche Museen, Gamäldegalerie di Berlino. Nell’insieme spiccano inoltre per imponenza le immagini di grandi quadri come la Decollazione del Battista (1608) di oltre cinque metri di altezza, conservata nella Cocattedrale di San Giovanni a La Valletta, Malta; e altri celebri dipinti come il Giovane con un canestro di frutti (1592-93) della Galleria Borghese, il Bacco (1593) della Galleria degli Uffizi, la Cattura di Cristo (1602) della National Gallery of Ireland a Dublino, la Cena in Emmaus (1608) della Pinacoteca di Brera. Completano il percorso video di film storici, documentari e spettacoli a tema, conservati nelle Teche Rai.

 

PERCHÉ UNA MOSTRA IMPOSSIBILE “L’idea delle Mostre impossibili - dice Renato Parascandolo, ideatore del progetto - nasce dalla considerazione che nell’epoca contemporanea la riproduzione deve essere tutelata e valorizzata quanto l’originale: una diffusione di massa delle opere d’arte, garantita dalle riproduzioni, risponde a un’istanza di democrazia culturale formulata da Walter Benjamin e André Malraux. La mostra rende accessibile a un pubblico vastissimo la fruizione di opere d'arte che finora potevano essere ammirate soltanto sul posto o che – tutt’al più - potevano essere intraviste in riproduzioni di piccolo formato. Ora invece, impiegando tecniche digitali d'avanguardia, è possibile realizzare riproduzioni di altissima definizione, in scala 1 : 1, di qualsiasi affresco, dipinto o pala d'altare, ponendo lo spettatore virtualmente di fronte all'opera d'arte originale”. La ricerca tecnologica sulla modalità più efficace di riprodurre le opere d’arte nel loro formato originale, impegna, da circa dieci anni, un gruppo di specialisti della fotografia, delle luci e della digitalizzazione di immagini. I tecnici della Rai hanno messo a punto una tecnica di riproduzione - basata su supporti trasparenti retroilluminati - che ha consentito di ottenere risultati straordinari, apprezzati anche da severi e autorevoli storici dell’arte come Ferdinando Bologna, Salvatore Settis, Claudio Strinati, Maurizio Calvesi, Denis Mahon, Dominique Fernandez.

 

Come scrive Claudio Strinati: “Numerosi sono gli studiosi e gli appassionati di musica che conoscono certe composizioni ed esecuzioni quasi esclusivamente attraverso la riproduzione discografica. La riproduzione di un’opera pittorica – purché di qualità, sia nell’esecuzione, sia nella rappresentazione – presenta qualche analogia con la riproduzione musicale. Il che non vuol dire che la riproduzione è equivalente all’originale: cionondimeno un’ottima riproduzione di un’opera d’arte può dare una serie di cognizioni, stimoli e intuizioni molto importanti e interessanti. Di qui il mio apprezzamento per il progetto delle “Mostre impossibili”. Ferdinando Bologna, a sua volta, spiega: “Le “mostre impossibili” consentono una più approfondita conoscenza delle opere e un accostamento, per confronto, di opere che sono normalmente lontanissime fra di loro. Soprattutto, questa nuova generazione di riproduzioni d’arte, ad altissima definizione e a grandezza naturale, consente un approccio agli originali che gli originali stessi, nelle condizioni in cui normalmente si trovano, sia nei musei sia nelle sedi proprie, non consentono. Anche per questo considero geniale il progetto delle “mostre impossibili” ideato e sviluppato, con perseveranza e rigore, da Renato Parascandolo”. Sembra un paradosso, ma la mostra impossibile sul Caravaggio è una manifestazione che ha altresì lo scopo di incoraggiare il pubblico verso la conoscenza degli originali. In una società che vive di “riproduzioni” di ogni tipo, il contatto rinnovato con ciò che appare vero e naturale consente un approccio intellettuale, da cui scaturisce il desiderio di accesso reale alle cose. ( Fonte: www.italiamostre.org)

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9 novembre 2010 2 09 /11 /novembre /2010 10:28

Dipingere il mare, la sua vastità, l’idea che dell’infinito e tuttavia anche della prossimità vi s’inscrive, è cosa che nel XIX secolo assume una rilevanza difficilmente dimenticabile. Se a nord sono le visioni fortemente spirituali di Friedrich o le tempeste baluginanti e magmatiche di Turner, a sud la costa del Mediterraneo, e naturalmente il suo immediato entroterra provenzale, sono il punto d’incontro di più generazioni di pittori francesi, sicuramente cinque, che dall’ambito del classicismo prima e del realismo poi, si tendono fino alla dissoluzione del colore nella materia mirabile di Bonnard quasi al confine con la metà del XX secolo.

 

La mostra di Palazzo Ducale vuole studiare, facendo ricorso a circa 80 dipinti provenienti da musei e collezioni di tutto il mondo, questo itinerario magico dentro il colore, che a Van Gogh fece così scrivere: «Colore cangiante, non sai mai se sia verde o viola, non sai mai se sia azzurro, perché il secondo dopo il riflesso cangiante ha assunto una tinta rosa o grigia.» Eppure la costa del Mediterraneo francese si impose con notevole ritardo nella percezione che i pittori avevano del paesaggio in quell’inizio di XIX secolo, proprio nel momento in cui Pierre-Henri de Valenciennes pubblicava il suo celebre trattato sulla rappresentazione della natura. Perdurava l’idea che la nozione del Mediterraneo fosse stretta al senso dell’antichità e in primo luogo alla romanità. Per cui il riferimento alla coste italiane, quali luoghi deputati di questo riandare all’antico, dominava la pittura.

 

 Un contributo fondamentale a un primo cambiamento, dopo i quadri settecenteschi di Vernet e Robert da cui la mostra prende le mosse, venne da Camille Corot, che dopo un breve transito in Provenza nel 1834, ritornò due anni più tardi assieme all’amico pittore Prosper Marilhat, così da dipingere alcune vedute della zona di Avignone assai significative. A questo tempo del realismo si possono certamente ascrivere anche le opere di Félix Ziem e di Émile Loubon, con i loro quadri realizzati attorno a Marsiglia, Antibes e Nizza. Così come quelli di Paul Guigou e Adolphe Monticelli, ovviamente assieme a quelli meravigliosi di Gustave Courbet specialmente dipinti dal piccolo villaggio di pescatori di Palavas, nella zona di Montpellier.

A questo primo tempo della mostra ne succede un secondo, quello in cui alcuni grandi dell’impressionismo danno conto, in molti quadri sublimi, delle loro visite, o lunghi soggiorni, in Provenza e lungo la costa del Mediterraneo. Da Cézanne a Monet, da Renoir a Boudin a Van Gogh. Cézanne che dagli anni settanta coltiva quello spazio, sia esso il mare o il bosco, come la nascita di una continua, sempre nuova bellezza. Renoir che proprio vicino a Cézanne dipinge, tra 1882 e 1883, scorci bellissimi di natura. E ancora i due soggiorni di Monet (presente in mostra con una decina di opere) nel 1884 a Bordighera e nel 1888 tra Antibes e Menton, quando il mare è come un tappeto di pietre preziose. E poi i due anni provenzali di Van Gogh.

 

Anni cui seguono immediatamente quelli del post impressionismo, che hanno soprattutto in Signac tra Saint-Tropez e Antibes la loro punta di diamante. Ma anche Van Rijsselberghe, Cross, Valtat, Guillaumin, Manguin, Camoin solo per dire di alcuni. E dentro una luce precipuamente francese stanno quei quadri che Edvard Munch dipinse a Nizza, nel corso di un periodo di convalescenza, tra 1891 e 1892, quadri quasi tutti in mano privata.

La sezione dedicata alla pittura dei Fauves è certamente significativa, con quadri di autori quali Matisse, Derain, Marquet, Braque, Friesz, Dufy, in quel loro indicare come il Mediterraneo, soltanto pochi decenni dopo, sia cosa quasi completamente diversa rispetto alle visioni di Courbet. Già pienamente dentro la modernità di un secolo che si veniva appena aprendo. E che nella regione provenzale, e sulle rive del Mediterraneo, proseguirà con gli esempi in mostra di Felix Vallotton, Chaïme Soutine e Pierre Bonnard, il pittore che più di ogni altro ha saputo consegnare la strabiliante lezione di Monet al secolo nuovo.

InformazioniINDIRIZZO Palazzo Ducale

Piazza Matteotti 9

16123 Genova

 

ORGANIZZAZIONE Linea d’ombra

Strada di Sant’Artemio 6/8

31100 Treviso

Tel. +39 0422 3095

Fax +39 0422 309777

info@lineadombra.it

www.lineadombra.it

 

PRENOTAZIONI E

INFORMAZIONI Call center

Tel. +39 0422 429999

Fax +39 0422 308272

biglietto@lineadombra.it

www.lineadombra.it

 

ORARI Da lunedì a venerdì: ore 9 - 19

Sabato e domenica: ore 9 - 20

Chiuso 24, 25, 31 dicembre 2010

1 gennaio 2011: ore 10 - 20

 

UFFICIO STAMPA Studio Esseci

di Sergio Campagnolo

info@studioesseci.net

www.studioesseci.net

 

BIGLIETTI Intero € 10,00

Ridotto € 8,00: studenti universitari con attestato di iscrizione, oltre i 65 anni, gruppi solo se prenotati (minimo 15, massimo 25 con capogruppo gratuito), iscritti TCI muniti di tesserino.

Ridotto € 6,00: minorenni e scolaresche solo se prenotate (con due accompagnatori a titolo gratuito).

Ingresso gratuito per i bambini fino a cinque anni, giornalisti con tesserino, accompagnatore di portatore di handicap.

 

Per il diritto di prevendita, con esclusione delle scuole, € 1,50.

 

VISITE GUIDATE Visite guidate per la mostra

Prenotate per i gruppi (fino a 25 persone): € 110,00

Per le scuole (solo se prenotate, massimo 25 unità): € 50,00

Non prenotate (minimo 10 persone, massimo 25, solo in caso di disponibilità del personale): € 7,00 a persona.

Con esclusione delle scuole, le visite guidate verranno effettuate con l’ausilio di un apparato microfonico e cuffie personalizzate. Questo servizio è compreso nel costo della visita guidata.

Le scuole che non si servono per le visite di personale incaricato da Linea d’ombra Libri devono avvalersi del proprio personale docente.

Per i gruppi con guida propria, l’affitto obbligatorio delle cuffie è di € 80,00.

Non sono consentite visite guidate se non autorizzate dalla Direzione.

Servizio di audioguide per i visitatori singoli.

 

COME ARRIVARE Treno

Palazzo Ducale è situato nel centro cittadino ed è facilmente raggiungibile dalle stazioni ferroviarie di Genova Porta Principe e Genova Brignole.

Utilizzare i mezzi pubblici dell’AMT con fermata in Piazza De Ferrari, oppure a piedi (10 minuti circa da Brignole, 15 minuti circa da Principe), oppure la Metropolitana con fermata De Ferrari

www.genovametro.com, www.metrogenova.com

Dalla zona Porto Antico (EXPO) e Acquario, passando per Via S.Lorenzo, si arriva a Palazzo Ducale in pochi minuti.

 

Automobile

Per chi arriva in automobile da nord e da ponente l'uscita autostradale è quella di Genova Ovest, proseguire sulla Sopraelevata e imboccare la 2ª uscita Centro città - P.zza Corvetto

Per chi proviene da levante l’uscita autostradale è quella di Genova Est, proseguire in direzione della stazione ferroviaria di Brignole girare per il centro, Via D'Aste e poi Piazza Dante (Via D’Annunzio).

Per avere la situazione in tempo reale dei parcheggi a pagamanento limitrofi a Palazzo Ducale consultare il sito MobilityPoint del Comune di Genova, www.mobilitypoint.it, zona "Centro".

 

ALTRE INFORMAZIONI Vendita biglietti sospesa 45 minuti prima della chiusura.

Guardaroba gratuito obbligatorio per borse e zaini, la cui pericolosità è valutata dal personale di sorveglianza. Accesso e servizi per i disabili.

Non è consentito l'uso di cellulari, macchine fotografiche o di altri apparecchi elettronici all'interno della mostra. Tali apparecchi potranno essere introdotti in mostra solamente spenti.

Non possono essere ammessi passeggini, ombrelli e animali.

Sono consentiti marsupi per bambini all’interno della mostra.

( Fonte: www.lineadombra.it)

 

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4 novembre 2010 4 04 /11 /novembre /2010 16:08

Il Wadsworth Atheneum di Hartford, nel Connecticut, è il più antico museo americano, ancora oggi uno dei più importanti, con una collezione folta di capolavori che spazia dai maestri dell’arte europea soprattutto del Seicento e del Settecento, una fondamentale sezione impressionista, una grande parte dedicata all’arte americana dell’Ottocento e una sezione dedicata alla pittura del XX secolo, che parte da Matisse, Picasso e Klee, tocca in modo ampio il Surrealismo di Magritte, Dalí, Ernst e Tanguy giungendo fino a Pollock, Rothko e Wyeth in America.

 

Considerato che nel 2010 si compiono i 400 anni dalla morte di Caravaggio, Castel Sismondo ha scelto di ospitare, nel tempo stesso della mostra Parigi. Gli anni meravigliosi, una seconda, straordinaria esposizione dal titolo Caravaggio e altri pittori del Seicento. Capolavori dal Wadsworth Atheneum di Hartford. Si tratta di una sublime selezione di quindici dipinti, tutti di grande formato, da quel nucleo così importante che nel museo americano è dedicato proprio al Seicento. Naturalmente originando da quel capolavoro indimenticabile che è L’estasi di San Francesco di Caravaggio, primissimo quadro di soggetto religioso dipinto dal grande artista attorno al 1594.

 

Si tratta della prima composizione di Caravaggio impostata su più figure, è il suo primo dipinto di carattere religioso, il suo primo esperimento di ambientazione paesaggistica e uno dei primi esempi in cui l’artista utilizza la luce sia in senso letterale, per illuminare la scena, sia in senso figurativo, come metafora della presenza divina. Ogni aspetto di quest’opera è eccezionale e innovativo. Il modo in cui l’artista interpreta l’estasi che accompagnò la morte metaforica di Francesco e la sua rinascita spirituale nell’immagine di Cristo è alquanto insolita per l’assenza del serafino celeste, per la posa del santo non inginocchiato in preghiera bensì riverso e per la presenza del grazioso angelo fanciullesco. Caravaggio volle chiaramente alludere alla morte metaforica di Francesco e alla sua rinascita spirituale nell’immagine di Cristo. Nel dipinto sono proposte in modo esplicito le analogie tra la vita di Francesco e quella di Cristo: le figure intorno al fuoco ricordano l’annuncio della nascita di Gesù ai pastori, l’abbraccio di sostegno da parte dell’angelo è basato sulle rappresentazioni dell’agonia nell’Orto degli Ulivi e la posa di Francesco, atteggiato come il corpo della Pietà, richiama l’immagine di Cristo morto sostenuto dagli angeli. Il gesto dell’angelo, con l’indice e il pollice agganciati intorno al cordiglio del santo in modo da volgerlo verso l’osservatore per rendere visibili le ferite, sottolinea, insieme all’estatico mancamento della morte e della rinascita spirituale di Francesco, il ruolo di quest’ultimo come imitatore di Cristo.

 

Attorno a questo dipinto capitale, la mostra si compone di opere di opere insigni di autori che da Caravaggio hanno tratto esempio; Cigoli, Morazzone, Gentileschi, Strozzi, Saraceni in Italia. Quindi in ambito spagnolo Zurbarán, con una delle sue opere più riconosciute, il San Serafione del 1628, un quadro affascinante che rivela l’intimo collegamento, esistente nell’arte spagnola del XVII secolo, tra scultura e pittura. Il modo in cui è ritratto il santo è infatti modo estremamente realistico, al punto che si ha quasi l’impressione di poterlo toccare.

 

E poi Ribera, con il suo Il senso del gusto, 1614-1616 circa, che rivela un evidente legame con il naturalismo e il chiaroscuro del Caravaggio. Quindi, Le Sueur in Francia e la Scuola fiamminga e olandese con Sweerts, Van Dyck e Hals, il più importante ritrattista di Haarlem nel secondo quarto del XVII secolo, con il Ritratto di Joseph Coymans, 1644, eseguito con pennellate vivace e indipendenti per tratteggiare la personalità dinamica del personaggio ritratto in conformità alle convenzioni della ritrattistica di quel tempo.

 

INFORMAZIONI

 

INDIRIZZO Castel Sismondo

Piazza Malatesta

47900 Rimini

 

ORGANIZZAZIONE Linea d’ombra

Strada di Sant’Artemio 6/8

31100 Treviso

Tel. +39 0422 3095

Fax +39 0422 309777

info@lineadombra.it

www.lineadombra.it

 

PRENOTAZIONI E INFORMAZIONI Call center

Tel. +39 0422 429999

Fax +39 0422 308272

biglietto@lineadombra.it

www.lineadombra.it

 

ORARI Da lunedì a venerdì: ore 9 - 19

Sabato e domenica: ore 9 - 20

Chiuso 24, 25, 31 dicembre 2010

1 gennaio 2011 ore 10 - 20

 

UFFICIO STAMPA Studio Esseci

di Sergio Campagnolo

info@studioesseci.net

www.studioesseci.net

 

BIGLIETTI Biglietti per le mostre a Rimini

Parigi. Gli anni meravigliosi

Caravaggio e altri pittori del Seicento

Intero € 13,00

Ridotto € 11,00: studenti universitari con attestato di iscrizione, oltre i 65 anni, gruppi solo se prenotati (minimo 15, massimo 25 con capogruppo gratuito), iscritti TCI muniti di tesserino.

Ridotto € 8,00: minorenni e scolaresche solo se prenotate (con due accompagnatori a titolo gratuito).

Biglietti per la mostra

Parigi. Gli anni meravigliosi

Intero € 10,00

Ridotto € 8,00: studenti universitari con attestato di iscrizione, oltre i 65 anni, gruppi solo se prenotati (minimo 15, massimo 25 con capogruppo gratuito), iscritti TCI muniti di tesserino.

Ridotto € 6,00: minorenni e scolaresche solo se prenotate (con due accompagnatori a titolo gratuito).

Biglietto unico per la mostra

Caravaggio e altri pittori del Seicento

€ 4,00

Biglietti per la mostra a San Marino

I gruppi e le scuole con già una prenotazione per la mostra Parigi. Gli anni meravigliosi, possono acquistare il biglietto per Monet, Cézanne, Renoir e altre storie di pittura in Francia al costo di € 3 anzichè € 5

Per tutte le mostre, è previsto un diritto di prevendita, con esclusione delle scuole, di € 1,50 per ogni biglietto.

 

VISITE GUIDATE Non si effettuano visite guidate, ma gruppi e scuole, così come i privati, possono noleggiare un'audioguida al costo di € 2 cadauna.

 

COME ARRIVARE OGNI MERCOLEDI E SABATO, FINO ALLE ORE 15, PIAZZA MALATESTA E TUTTA L'AREA CIRCOSTANTE CASTEL SISMONDO E' OCCUPATA DAL MERCATO E DUNQUE ACCESSIBILE SOLO A PIEDI

•Rimini è situata su direttrici stradali e ferroviarie di rilevanza nazionale.

•Uscite autostradali di Rimini nord e Rimini sud sulla A14 Bologna-Ancona, ma si può utilizzare anche la parallela SS16 Adriatica.

•Sulla stessa direttrice Bologna-Ancona, la stazione ferroviaria di Rimini, che si trova a dieci minuti a piedi dalla sede espositiva di Castel Sismondo, percorrendo la sola via Gambalunga che si incunea nel cuore del centro storico.

•Rimini possiede anche l’aeroporto “Federico Fellini”, raggiunto da voli nazionali e internazionali.

 

ALTRE INFORMAZIONI Vendita biglietti sospesa 45 minuti prima della chiusura.

Guardaroba gratuito obbligatorio per borse e zaini di tutti i tipi e dimensioni, la cui pericolosità è valutata dal personale di sorveglianza. Accesso e servizi per i disabili.

Non è consentito l'uso di cellulari, macchine fotografiche o di altri apparecchi elettronici all'interno della mostra. Tali apparecchi potranno essere introdotti in mostra solamente spenti.

Non possono essere ammessi passeggini, ombrelli e animali.

Sono consentiti marsupi per bambini all’interno della mostra.

( Fonte: http://www.lineadombra.it)

 

Editing: Angelo Marcotti

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